Delitto Ciro Esposito, la Cassazione: De Santis sparò per uccidere

Le motivazioni della sentenza della Cassazione. L'ultrà romanista condannato a 16 anni per aver ammazzato il tifoso del Napoli nella Capitale

Nella foto Daniele De Santis, nel riquadro Ciro Esposito

ROMA Daniele De Santis non ha potuto avvalersi della ‘legittima difesa’. L’ha scritto la Cassazione nelle motivazioni della sentenza di condanna a 16 anni per l’omicidio di Ciro Esposito. Il 29enne napoletano venne ferito gravemente a colpi di arma da fuoco il 3 maggio 2014 a Roma. Ciro Esposito si trovava nella Capitale per assistere alla finale di Coppa Italia tra il Napoli e la Fiorentina (conclusasi con il successo degli azzurri per 3-1).

Quel maledetto 3 maggio 2014

Il 29enne si stava recando allo stadio Olimpico di Roma a bordo di un bus insieme ad altri tifosi azzurri. Il mezzo fu preso d’assalto da un gruppo di ultrà della Roma. Daniele De Santis partecipò all’assalto armato di pistola. Durante la colluttazione De Santis fece partire alcuni colpi. Ciro Esposito rimase ferito. Ricoverato d’urgenza all’ospedale Gemelli di Roma, il 29enne originario di Scampia morì dopo un mese e mezzo di agonia.

La ricostruzione

Secondo la Cassazione, De Santis da un lato provocò la situazione di pericolo e dall’altro assunse una reazione non proporzionata all’offesa. Pur potendo puntare l’arma e sparare in aria, non lo fece. Anzi, risulta che De Santis esplose colpi di pistola ad altezza d’uomo. Ne furono cinque in rapida successione, quattro dei quali andarono a segno. La Cassazione ha anche scritto nelle motivazioni della sentenza che le ricostruzioni della stampa e quelle fornite dai difensori di De Santis erano errate. Nessuna di queste avrebbe potuto giustificare la legittima difesa. Per questo motivo la Cassazione ha confermato la condanna a 16 anni per l’ex ultrà romanista con la sentenza emessa il 25 settembre scorso.

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