Delitto di mafia a Mondragone. Agguato nel Roxy Bar: arrestato il boss Fragnoli

Giacomo Fragnoli è accusato di essere stato l’organizzatore dell’assassinio di Giuseppe Mancone

MONDRAGONE – Arrestato Giacomo Fragnoli: il boss 53enne è stato portato in cella perché accusato di aver organizzato l’assassinio di Giuseppe Mancone, detto Peppe ‘o rambo. Ad ammanettare il mafioso sono stati i carabinieri del Reparto territoriale di Mondragone, che hanno condotto, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, l’indagine sul delitto avvenuto il 14 agosto 2003.

Fragnoli, dopo aver scontato 12 anni in prigione per associazione mafiosa ed estorsione, era stato scarcerato lo scorso gennaio. Un ritorno alla libertà che, con l’ordinanza di custodia cautelare eseguita ieri mattina, emessa dal giudice Maria Laura Ciollaro del Tribunale di Napoli, è durato pochissimi mesi.

La vittima venne freddata nel Roxy Bar di Mondragone. Due individui, in sella ad un ciclomotore, raggiunsero Mancone che si trovava all’interno del locale con alcuni amici. Il passeggero della due ruote scese dalla sella, si diresse all’interno del bar, si avvicinò a Peppe ‘o Rambo ed esplose verso di lui diversi colpi di pistola, ferendo anche altri soggetti presenti. Mancone fu portato alla clinica ‘Pineta Grande’ di Castelvolturno: ma le sue condizioni erano critiche e poco dopo perse la vita. Concluso il raid, il killer risalì sulla moto guidata dal complice per fuggire via. Ma nel farlo imboccarono un vicolo cieco e furono costretti a ritornare indietro e a transitare di nuovo dinanzi al bar. Durante queste manovre incrociarono alcune ragazze in bicicletta e una di loro rese subito dopo l’assassinio dichiarazioni importanti per ricostruire l’accaduto e permettere ai militari di identificare gli esecutori materiali. Chi erano? Salvatore Cefariello e Marco Durantini, diventati collaboratori di giustizia rispettivamente nel 2013 e nel 2012. Restava da tracciare il profilo di chi aveva dato l’ordine di uccidere. La Procura, con i carabinieri di Mondragone, hanno continuato a lavorare in questi anni e il loro sforzo ha riportato in prigione Giacomo, ritenuto all’epoca dell’omicidio il reggente dell’organizzazione camorristica ‘Fragnoli – La Torre’.

Giacomo Fragnoli


Se dispose l’assassinio, hanno ricostruito gli investigatori, è perché la vittima si era rifiutata di pagare un cospicuo rateo mensile sull’attività di spaccio di stupefacenti che gestiva. L’omicidio venne organizzato e pianificato da esponenti del clan attivo sul Litorale, ma per la materiale esecuzione, sostiene l’Antimafia, ottenne la collaborazione di appartenenti al clan ‘Birra’ di Ercolano con il quale vigeva un rapporto di alleanza.

Fragnoli, assistito dagli avvocati Luca Pagliaro e Angelo Raucci, oltre a dare l’ordine di uccidere, avrebbe partecipato all’agguato anche dando appoggio logistico e aiutando i killer ad individuare la vittima. Al boss mondragonese vengono contestati, inoltre, i reati di detenzione illegale e la ricettazione dell’arma usata dai sicari per eliminare Mancone.
Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione: Fragnoli è da considerare innocente fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.

L’indagane riaperta grazie alla confessione del mafioso

Dopo essere riuscita a individuare gli esecutori del raid di piombo, l’indagine coordinata dalla Dda per alcuni anni si era arenata. Ma a darle una scossa arrivarono le dichiarazioni autoaccusatorie rese proprio da Giacomo Fragnoli il 13 giugno 2016, mentre si trovava nel carcere de L’Aquila. Volle essere sentito dal pubblico ministero e confessò di aver partecipato al delitto di Giuseppe Mancone. Al magistrato dettagliò il suo ruolo nell’agguato e anche il contributo che gli venne dato nell’esecuzione dal clan Birra di Ercolano. Disse però che non fu lui a dare l’ordine di uccidere, ma che giunse da Aniello Sabatino (deceduto poco dopo l’omicidio). Quest’ultimo si era adirato con Mancone perché, pur essendo stato incaricato da lui di occuparsi dello spaccio, gli aveva mancato di rispetto offrendogli meno soldi per i carcerati. E per organizzare l’agguato, visto che non era pratico in fatti di sangue, Sabatino, a detta di Fragnoli, coinvolse il clan Birra attraverso Vincenzo Oliviero: “I rapporti tra i due erano molto cordiali e di vecchia data. Ci recammo io e Sabatino a casa sua e chiedemmo il favore di uccidere una persona a Mondragone”. Fragnoli avrebbe messo a disposizione dei Birra la pistola, i guanti e i caschi. Il motorino, invece, fu procurato da Oliviero: “Si trattava di un Beverly 500 color bottiglia metalizzato scuro. Lo presi e lo lasciai nei pressi di casa di mia moglie, nella località Fievo di Mondragone”. Il boss ha riferito di aver incontrato i killer a Ercolano, Cefariello e Durantini: “Consegnai una pistola 357 Magnum cromata che mi aveva dato Aniello Sabatino”. Fragnoli avrebbe poi indicato la via dove si trovava il bar: “Io li aspettavo alla fine della strada. Non vedendoli arrivare dopo i colpi mi allarmai. Chiamai al cellulare e li recuperai in una strada di campagna”.

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