Derrumbado Rojo, un vulcano rock

La band stoner casertana annuncia il prossimo lp con il singolo El Chupacabra su YouTube e sulle altre piattaforme digitali.

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Se amate il rock nella sua forma più viscerale, cruda e distorta, i Derrumbado Rojo sono una band che dovete assolutamente ascoltare. Dalle profondità sonore dello stoner e del desert rock, con radici che affondano nel grunge di Seattle e nella sabbia rovente della California anni ’90, il quartetto casertano sprigiona un’energia densa, piena di fuzz e visioni allucinate. Non inseguono mode né algoritmi: suonano come si suonava quando il rock era ancora una dichiarazione di intenti. E lo fanno con una coerenza e una forza espressiva rara nel panorama italiano. Il quartetto casertano, attivo dal febbraio 2015, è oggi uno dei gruppi più interessanti della scena stoner/alternative rock in Italia, formato da musicisti che erano attivi già da tempo nella scena musicale campana.

La band nasce dall’incontro tra Pasquale Sagnella (voce) e Daniele Marucci (chitarra), reduci da un precedente progetto casertano, che si uniscono al batterista Daniele Zitiello e al bassista Emilio Toscano. In questo assetto iniziale avviene la pubblicazione dell’EP Post Euphoria Desert il 2 maggio 2020. Nel novembre dello stesso anno, Zitiello lascia il ruolo di batterista ma resta coinvolto nel progetto come co‑producer. Al suo posto entra Giovanni Palmieri, mentre alla chitarra arriva Alberto Picazio, integrando la line-up attuale.

L’EP autoprodotto “Post Euphoria Desert” ha catturato l’attenzione con tracce come “Away from your perfect circle” e “The Jacket”. La band ha condiviso palchi con realtà come Meganoidi, Messa, Stormo, Pierpaolo Capovilla, affiancandosi spesso alla scena alternativa e stoner-rock italiana.

Recentemente hanno pubblicato il singolo El Chupacabra, accompagnato da un videoclip ufficiale su YouTube, che anticipa il loro secondo lavoro. L’album è già stato interamente registrato e, secondo quanto riferito dalla band, uscirà con ogni probabilità all’inizio del 2026.

Il gruppo dichiara influenze che spaziano dallo stoner rock californiano al grunge seattleiano anni ’90, con particolare riferimento ai Soundgarden. Un genere reso popolare da progetti come Kyuss e Queens of the Stone Age, che miscelavano hard rock, desert rock e psichedelia con riff lenti e pesanti. Più tardi Soundgarden e Alice in Chains, pur storicamente parte del grunge, condividevano l’estetica sonora del suono sporco e delle atmosfere cupe. I Derrumbado Rojo rientrano in questo filone grazie al loro suono abrasivo, le chitarre “droppate”, l’uso del fuzz e le contaminazioni tra generi.

Riff distorti, sonorità grezze e testi emotivi che trattano temi di frustrazione e resistenza, rendendo autentico e potente il contatto con l’ascoltatore. Con un approccio che parla di resilienza, amicizia vera, fatica in sala prove e una visione collettiva della creatività, il progetto si pone come una controrivoluzione al consumismo musicale veloce e superficiale. E propone, al contrario, la fisicità delle chitarre, sudore e libertà espressiva.

Come definite il vostro genere musicale e cosa vi lega ad esso?

È davvero arduo per noi identificarci in un genere specifico. Ci sono contaminazioni, tante: stoner rock, grunge, blues, rock psichedelico, doom e desert rock. È questo che ci rende originali. Emotivamente siamo molto legati alla scena stoner californiana e all’epopea di Seattle anni ‘90, Soundgarden in particolare, a quelle chitarre distorte, ai riff grezzi e diretti e a quei canti di ribellione, malessere e frustrazione in cui ci siamo ritrovati spesso e volentieri.

Cosa vi ha spinto a dar vita a questo progetto, nell’epoca in cui la scena musicale è dominata dalla musica elettronica e dalla trap?

La musica è una forma d’arte che segue le mode, le tendenze e cavalca le istanze del contesto storico. Per cui non siamo meravigliati dai profondi cambiamenti nei gusti della gente, ci sta. La trap semplicemente non è nei nostri gusti, e non lo sarà mai. Sforzandoci di dare una risposta, crediamo che quest’epoca sia dominata dal culto dell’individualismo, del consumo rapido di tutto con musica compresa, del fare soldi a tutti costi, del compiacimento da social come ossessione. Cosa vogliamo dire con questo? Che semplicemente fare trap (l’elettronica invece no, ci piace perché può essere utilizzata a supporto della nostra musica) e mettersi al computer a campionare qualsiasi nota è molto più facile, veloce e soprattutto condivisibile sui social; dunque, vendibile e appetibile per i grandi boss dell’industria musicale che altro non fanno che pompare artisti di cui nessuno ricorderà un bel nulla. In un mondo in cui i rapporti umani si disgregano e l‘Io diventa superiore al “Noi”, il nostro progetto rock va in direzione contraria: è una storia di amicizia, di sudore buttato in sala prove, di vite spinte al massimo senza mai perdere la testa. È una storia di insieme, non c’è individualismo, è solo condivisione e chitarre droppate piene di fuzz.

Parliamo del vostro album, qual è il messaggio che volete inviare al mondo con questo disco?

Ti diamo un’anteprima: l’album è terminato, ed uscirà ufficialmente nei primissimi mesi del 2026. Qualche settimana fa abbiamo pubblicato il primo singolo “El Chupacabra”, disponibile su tutte le piattaforme digitali e inoltre un video clip a dir poco mistico che potete vedere su YouTube. Col nostro album vorremmo recapitare un messaggio positivo: che le paure, i tormenti e gli incubi possono essere affrontati, plasmati, capiti e perché no anche cavalcati; e che non occorre prendersi mai troppo sul serio! Anzi, noi i nostri mostri li deridiamo selvaggiamente! Vi porteremo al vertice delle nostre tensioni, con una sottile ironia di fondo.

Ci ha appena lasciati una delle icone dell’heavy metal, Ozzy Osbourne. Un artista carismatico ma che ha anche diviso la critica. Cosa ne pensate?

Siamo tutti suoi figli. Senza se e senza ma. Ed è stata devastante la notizia della sua morte. I Black Sabbath sono stati il seme, lui invece l’uomo che ha incarnato effettivamente lo spirito selvaggio del rock, rifiutando qualsiasi compromesso e qualsiasi limite. Chi lo ha criticato negativamente l’ha fatto per la sua vita privata che è stata, appunto, sua e quindi insindacabile. L’eredità musicale che ci ha lasciato non ha eguali e francamente per noi è tutto ciò che conta. God bless you, Ozzy.

Oggi l’IA è in grado di generare musica in pochi secondi. Cosa pensate che succederà?

Dipende dall’uso che ne verrà fatto dagli artisti. L’IA sicuramente sarà contendibile e quindi potenzialmente utilizzabile da tutti: saremo invasi da musicisti, ben venga. Al prezzo della qualità? Scommettiamo di sì.

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