Desirée, la ricostruzione dei giudici che fa accapponare la pelle: “Gli africani hanno impedito che venissero chiamati i soccorsi”

"Meglio lei morta che noi in carcere", avrebbero detto gli extracomunitari per impedire che la ragazzina potesse essere soccorsa. E si cerca un italiano che avrebbe fornito le droghe per stordirla

Solidarietà per Desirée ( (Photo by Alberto PIZZOLI / AFP)

ROMA – Desirée Mariottini si sarebbe potuta salvare. Nonostante il mix di droghe letale che ha assunto (inconsapevolmente). Nonostante il suo corpo sia stato violentato e martorizzato per ore. Ma i suoi aguzzini hanno impedito ad alcuni testimoni di chiamare i soccorsi. E’ ciò che si legge nelle pagine dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i senegalesi Brian Minteh e Mamadou Gara e il nigeriano Alinno Chima. Tutti restano dentro, ma non è finita qui. Perché gli investigatori sono sulle tracce di altre persone in qualche modo coinvolte con questa triste storia. Tra queste, un italiano.

Desirée poteva salvarsi, ma gli africani impedirono di chiamare i soccorsi: “Meglio lei morta che noi in carcere”

Il quadro ricostruito dai giudici fa accapponare la pelle. Non solo, secondo il gip, gli arrestati “erano perfettamente consapevoli del fatto” che gli psicofarmaci e le droghe somministrate alla 16enne di Cisterna di Latina “fossero potenzialmente letali per abusarne”. Ma dopo averla violentata in gruppo per ore nell’edificio abbandonato di via dei Lucani nel quartiere San Lorenzo, “l’hanno lasciata abbandonata a se stessa, nonostante l’evidente e progressivo peggiorare del suo stato, fino ad impedire ad alcuni dei presenti di chiamare i soccorsi per aiutarla”. Per gli inquirenti, Desirée sarebbe stata trasformata in un “mero oggetto di soddisfazione sessuale”. Il retroscena più brutale, però, sta in un frase riportata nell’ordinanza e riferita da alcuni testimoni. “Meglio lei morta che noi in carcere”, avrebbero detto gli extracomunitari per impedire che la ragazzina potesse essere soccorsa.

Gli investigatori sulle tracce di un italiano, avrebbe fornito le droghe da somministrare alla ragazza per stordirla

Sono 12 i soggetti indagati per quanto accaduto nella notte tra giovedì e venerdì della scorsa settimana. E c’è anche un italiano. Nell’ordinanza di custodia cautelare viene chiamato Marco. E’ il nome che hanno riferito i testimoni sentiti fin qui. Non un soggetto qualsiasi per questa vicenda. Perché Marco sarebbe il pusher che avrebbe fornito agli africani le droghe e le altre sostanze da somministrare a Desirée. Si tratterebbe di una persona ‘abituale’ del quartiere San Lorenzo e soprattutto di quell’edificio, trasformato in un’autentica piazza di spaccio.

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