ROMA – “L’appartenenza a una cordata è l’unico mezzo per fare carriera”. E’ quanto Nino Di Matteo, pm antimafia, ha detto in streaming presentando la sua prossima candidatura al Csm contro la “degenerazione del correttismo”. E ha aggiunto che tale atteggiamento serve per “avere tutela quando si è attaccati e isolati, e questo è un criterio molto vicino alla mentalità e al metodo mafioso”.
La candidatura
“Si dovranno eleggere due nuovi togati il prossimo 6 e 7 ottobre e proprio la sua candidatura al Csm va incontro al bisogno – ha detto – di mettermi in gioco in un momento così buio, a disposizione di chi vuole dare una spallata a un sistema che ci sta portando verso il baratro”. E ha precisato: “Non sono mai stato iscritto a una corrente e sono intenzionato a farlo in futuro; spero che la magistratura tutta, con questo voto, dimostri con i fatti di non volersi arrendere a prassi e a un sistema che la sta soffocando. Una rivoluzione culturale, insomma, eleggendo chi ha dimostrato di essere estraneo e di voler contrastare le degenerazioni”.
No a una riforma punitiva
“Non serve una riforma punitiva del Consiglio superiore della magistratura ma bisogna dargli l’autorevolezza di organo costituzionale senza distinzioni legate all’apparenza o al gradimento politico”. E sull’ipotesi di sorteggio: “Rispetto i colleghi che lo hanno proposto per superare il correntismo ha spiegato ma è incostituzionale. E’ inammissibile che magistrati che decidono su ergastoli e patrimoni non possano avere competenza e autorevolezza per eleggere i consiglieri del Csm”.
Magistratura incancrenita
“Negli ultimi 15 anni – ha continuato il pm – la magistratura è cambiata, pervasa da un cancro che ne sta invadendo il corpo. E i cui sintomi sono la burocratizzazione, la gerarchizzazione degli uffici, il collateralismo politico, la degenerazione clamorosa del correntismo”.