Diciottenne ammazzato, si costituiscono 2 ragazzi di Torre Annunziata: “Era l’obiettivo del raid”

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Pasquale Nappo (vittima), Giuseppe Esposito e Antonio Abbruzzese

BOSCOREALE – La storia di Pasquale Nappo, un ragazzo di soli 18 anni, si è conclusa in una notte di violenza in piazza Pace, a Boscoreale. E la fine della sua giovane vita ha proiettato un’ombra scura su due figure altrettanto giovani che, dopo una fuga durata poche ore, hanno scelto di affrontare la loro responsabilità. Antonio Abbruzzese (23 anni) e Giuseppe Esposito (18 anni), entrambi di Torre Annunziata, si sono costituiti ai carabinieri oplontini, accompagnati dal loro legale. Una resa che chiude il capitolo della caccia all’uomo, ma apre quello, ben più doloroso, della verità e della giustizia. La dinamica iniziale, quella di uno scooter che irrompe nella quiete notturna per aprire il fuoco, aveva subito fatto temere l’ombra lunga del crimine organizzato. Ma il racconto dei due ragazzi, raccolto dagli inquirenti, ha introdotto una chiave di lettura diversa e forse, in un certo senso, ancora più inquietante: quella di un’escalation di violenza giovanile che non contempla un omicidio premeditato aggravato dalla modalità mafiosa, ma una cieca e tragica dimostrazione di forza.

Tutto è precipitato nella notte tra sabato e domenica. Pasquale Nappo, incensurato, di Scafati (viveva nel quartiere Mariconda), si trovava in strada con amici. L’arrivo dello scooter, con Bruzzese ed Esposito in sella, è stato l’inizio del dramma. Secondo le prime informazioni, sarebbero stati tre i colpi esplosi da Esposito. Uno di questi ha raggiunto Pasquale all’ascella. Il ragazzo è crollato. I suoi amici non hanno atteso l’arrivo dei soccorsi canonici. In una disperata, impulsiva corsa contro la morte, lo hanno caricato in auto e si sono lanciati verso il pronto soccorso dell’ospedale San Leonardo di Castellammare di Stabia. Una corsa disperata, il rumore del motore che lacerava il silenzio della notte, il tentativo strenuo di guadagnare minuti preziosi. Ma la ferita era troppo grave, la reazione troppo tardiva. Il diciottenne è deceduto al nosocomio stabiese, lasciando dietro di sé una scia di domande, il dolore insopportabile di una famiglia e la dura constatazione di una vita troncata sull’altare di un diverbio. I due indagati sono assistiti dall’avvocato Mauro Porcelli.

Dalle indagini è emerso che non si sarebbe trattato di un regolamento di conti, ma di un atto vendicativo scaturito da una lite avvenuta giorni prima. La versione fornita è quella di un “avvertimento finito male”. Abbruzzese ed Esposito avrebbero subito un’aggressione da parte di una frangia del gruppo della vittima, un affronto mal digerito. La decisione di tornare in piazza Pace, a bordo dello scooter, era stata presa per «intimorire il gruppo», per una dimostrazione di forza volta a ristabilire gli equilibri violati. L’intenzione dichiarata, sebbene gravissima, non era l’omicidio. Eppure, il confine tra la dimostrazione e il crimine di sangue è stato oltrepassato in un attimo di furia. La sparatoria, che sarebbe avvenuta a seguito di una successiva aggressione subita dagli indagati in piazza, viene descritta come l’esplosione di colpi “alla cieca”, non mirati. Un gesto brutale, sconsiderato, che ha prodotto una vittoria vuota e fatale per gli aggressori, e la morte di un coetaneo. La Dda prosegue le indagini con meticolosità. Nonostante la confessione e la tesi della lite degenerata, l’attenzione degli investigatori resta focalizzata sul contesto. E’ fondamentale verificare se, dietro l’apparente impulsività del gesto, si celino legami o dinamiche riconducibili ad ambienti criminali locali.

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