NAPOLI – Padre Maurizio Patriciello è uno di quei parroci che non si limitano a predicare dall’altare. è uno che combatte ogni giorno in strada, e che ogni giorno rischia la sua vita, per sottrarre cervelli, cuori e braccia alla camorra, non solo a Caivano. E ieri, per l’ennesima volta, ha lanciato il suo anatema contro la fiction “Gomorra la Serie”, ideata da Roberto Saviano e tratta dal romanzo pubblicato dalla Arnoldo Mondadori Editore, la società che la famiglia Berlusconi acquisì grazie alla corruzione di un giudice della Corte di Appello di Milano, da parte dell’avvocato della Fininvest Cesare Previti. Una fiction nella quale non esiste lo Stato, non si vedono le forze dell’ordine né la Magistratura. Nella quale la scena è popolata da soli personaggi di camorra che, purtroppo, sono diventati gli “eroi” di tanti ragazzi a rischio.
“Non so per quale motivo il libro ‘Gomorra’ abbia avuto un successo mondiale – ha dichiarato padre Maurizio a Campobasso, rispondendo alla domanda di uno studente su ‘Gomorra’ e alle critiche di Saviano per la visita del presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Caivano – visto che di libri sullo stesso argomento ce ne sono tanti. Saviano ora vive in America e ogni tanto torna in Italia, ma se permette a Parco Verde ci sto io. Lui in questi anni l’ho invitato tante volte, ma non è mai venuto. Lo ha fatto solo una volta a intervistarmi tanti anni fa, quando ancora non era famoso. Invito i ragazzi a leggere il libro ma un conto è scriverne uno e poi fare un film, un conto è insistere con una serie tv. Quei modelli sono stati ripresi dai nostri ragazzi, sono tutti fatti con lo stampino. Si insiste con l’immagine del camorrista che ha i soldi, gli abiti firmati e le auto di lusso. Per questo la serie televisiva non ha fatto bene”.
Parole nette, che suonano come un monito, a pochi giorni dall’annuncio, da parte di Sky, dell’ennesimo ciclo di puntate di “Gomorra la Serie”. Un “prequel”, ovvero la narrazione degli avvenimenti precedenti a quelli raccontati nel filone principale. Tra l’altro, l’annuncio è stato dato nei giorni immediatamente successivi all’assassinio di un giovane musicista, a Napoli, Giovanbattista Cutolo, per mano di un minorenne armato di pistola.
Una mancanza di tatto e di umanità incredibili, da parte di chi ha deciso di presentare la nuova stagione della fiction proprio in quel momento, considerato che la mamma, il papà e la sorella di Giovanbattista avevano sottolineato, nei giorni precedenti, l’effetto negativo che la fiction Gomorra ha su molti giovani napoletani. Nei mesi scorsi moltissimi magistrati, esponenti delle forze dell’ordine, del mondo della cultura, della politica e dello sport hanno espresso la propria opinione (negativa) sulle conseguenze disastrose della serie di Saviano sulla diffusione e sul consolidamento della cultura della legalità. Ieri, poi, Claudio Salvia, figlio di Giuseppe Salvia (vicedirettore del carcere di Poggioreale ucciso dalla Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo nel 1981), dalle colonne di Repubblica si è scagliato contro la fiction “Il Camorrista”, riportata alla luce e che sarà proiettata alla Festa del cinema di Roma. “Viviamo in un’epoca – ha dichiarato – in cui assistiamo al dilagare di una violenza senza fine, dove i giovani spesso, privi di saldi punti di riferimento cercano nella logica predatoria e prevaricatoria la strada più facile da percorrere”. Fiction che osannano boss come Cutolo, “rischiano di far retrocedere tutti gli sforzi che un esercito di persone, me compreso, ogni giorno si propone di fare, proporre ai giovani modelli di riferimento alternativi nei quali identificarsi”. Anche il nuovo procuratore della Repubblica di Napoli Nicola Gratteri, ieri sul Corriere della Sera ha dichiarato, a proposito delle fiction che mitizzano i camorristi: “Chi si sente uomo di cultura deve porsi la domanda: ma l’effetto di questi film qual è? Se davanti alle scuole vediamo i ragazzini muoversi come i killer del film che hanno visto la sera prima, abbiamo creato danni e nessuna coscienza”.
Abiti e drink, il business immorale
Padre Maurizio Patriciello si chiede come mai, dopo il romanzo e il film “Gomorra”, Roberto Saviano abbia voluto anche una serie, come quella prodotta da Cattleya e mandata in onda da Sky Atlantic, così diseducativa. Non lo dice, ma ovviamente la ragione è una sola: i soldi.
Soldi che finiscono nelle tasche sue e della Arnoldo Mondadori Editore Spa, nelle qualità di autore ed editore del romanzo dal quale la serie è tratta. E direttamente nelle tasche di Saviano come sceneggiatore e ideatore della serie. Che sarebbe pure un’attività legittima, se chi la svolge non fosse uno che, a parole, è impegnato nel contrasto alla cultura della camorra e dell’illegalità. Invece come hanno sottolineato magistrati (Federico Cafiero de Raho, Giuseppe Borrelli, Catello Maresca, Giuseppe Spadaro), vertici delle forze dell’ordine (il capo della polizia Antonio Pisani, l’ex questore di Napoli Guido Marino, il generale dei carabinieri Carmelo Burgio) e tanti attivisti, artisti, sportivi, politici e persone comuni, prodotti del genere non fanno altro che rendere i camorristi dei modelli da seguire.
Guarda caso, infatti, ieri Fanpage, che fa parte del gruppo degli organi di informazione che ancora danno credito a Roberto Saviano, ha diffuso un video dello scrittore dedicato all’arresto del cantante neomelodico Tony Colombo e della moglie Tina Rispoli,ex coniuge del boss Gaetano Marino.
Nel video Saviano parla di tutto, tranne del fatto che dall’inchiesta è emerso anche come la camorra riciclasse i soldi attraverso la promozione del marchio di abbigliamento “Corleone”. Nome che, ovviamente, richiama alla mente quello della città di origine dei boss più sanguinari della storia della mafia e il film “Il Padrino” di Francis Ford Coppola, i cui protagonisti erano appunto i boss Vito e Michael Corleone. Si potrebbe parlare di “camorra sounding”, la tecnica di marketing che consiste nel far apparire un prodotto come “figo” per i camorristi, in maniera tale che chi li possiede possa sentirsi un po’ più camorrista/mafioso e quindi, nella logica contorta di certi “maghi del marketing” (senza scrupoli), un po’ più “alla moda”.
Saviano non ne parla perché sa bene che sulla scia del successo della fiction Gomorra sono stati commercializzati numerosi prodotti ispirati alla serie, recanti il “marchio” Gomorra in bella vista o raffiguranti i protagonisti mafiosi del telefilm da lui ideato.
Un marchio di abbigliamento stampava le frasi dei camorristi sulle magliette e sulle custodie dei telefonini: “Vienete a piglia’ ’o perdono” (con tanto di pistola disegnata), “Sta senza pensier”, “I po’ essere che ’sta guerra ’a perd, però l’aggia cumbattere”, “l’ommo che po’ fa a meno ’e tutte cose nun tene paura ’e niente” e via dicendo.
Un’agenzia di viaggi postava un’offerta scrivendo: “Gennaro Savastano (il boss protagonista della serie, ndr) alias Salvatore Esposito sceglie la nostra agenzia di viaggi per le proprie vacanze”.
Persino una nota marca di fazzoletti è arrivata a mettere in bella mostra la foto di Genny Savastano sui pacchetti e a scrivere: “Attento Genny, che se sbagli ce arripigliammo tutto chello che è nuosto”. Una famosa marca di abbigliamento ha invitato due attori “direttamente dalla serie Gomorra” all’inaugurazione di un nuovo punto vendita. Una ben più nota agenzia di onoranze funebri si vantava a mezzo social di essere stata incaricata da Sky dell’organizzazione dei funerali di don Pietro Savastano, boss nella serie.
Ma ci sono anche le bevande “Camorra style”. Per la camorra dei Di Lauro è “9mm”, un energy drink col nome di un calibro di pistola, pieno di caffeina, zucchero e taurina, in una lattina a forma di proiettile.
Nel caso di Gomorra la Serie è una qualità di birra prodotta da un birrificio e chiamata “Calibro7”. Sui social la casa produttrice annunciava la nuova birra con una foto dei camorristi della fiction seduti al tavolino di una rosticceria, con una pistola in bella mostra. La didascalia spiegava: “In Gomorra La Serie si continua a bere tanta birra (con l’indicazione della marca). Più facile trovare una birra artigianale o le armi per formare una nuova banda?”, con l’emoticon di una pistola. Certo, nel caso del clan Di Lauro abbigliamento e bevanda servono a compattare gli affiliati, facendoli sentire parte di qualcosa di solido e vincente. Nel caso di Saviano e della “filiera” di Gomorra l’obiettivo è quello di fare soldi vendendo al pubblico (pagante) un prodotto accattivante.