Draghi tiene Mattarella al Quirinale

A segno la strategia del premier: partiti e coalizioni ne escono con le ossa rotte. Dopo sei giorni di votazioni il Presidente della Repubblica uscente viene rieletto con 759 voti, secondo solo a Sandro Pertini

Foto Paolo Giandotti/Ufficio Stampa Quirinale/LaPresse20-12-2021 Roma - ItaliaPoliticaIl Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con Mario Draghi, Presidente del Consiglio dei Ministri, in occasione della cerimonia per lo scambio degli auguri di fine anno con i rappresentanti delle istituzioni, delle forze politiche e della società civile.DISTRIBUTION FREE OF CHARGE - NOT FOR SALE

ROMA – Non ci voleva un mago per capire dove si stava andando a parare: troppo ostentati quegli scatoloni pubblicati sui social dai suoi più stretti collaboratori, troppo plateali gli addii, per non comprendere che Sergio Mattarella non ha mai escluso la possibilità di essere rieletto Presidente della Repubblica. Democristianamente felino, Mattarella ha fatto (e pubblicizzato) più sfratti in questa ultima settimana che in tutta la sua vita: in cuor suo, conoscendo meglio di chiunque altro la polverizzazione del parlamento, lo scollamento tra le leadership dei partiti e le truppe parlamentari, il Capo dello Stato rieletto ieri sera sapeva che, al termine di qualche giro a vuoto, i nani politici che guidano i partiti sarebbero tornati a implorargli il “grande sacrificio”. Certo, non gli sarebbe dispiaciuta la soluzione-Draghi: il premier è considerato da Mattarella una personalità che avrebbe guidato saldamente l’Italia anche traslocando da Palazzo Chigi al Quirinale. Quando è iniziato il vortice dei “no” a Mario Draghi, alcuni fedelissimi di Mattarella, a cominciare dal deputato del Pd Stefano Ceccanti, costituzionalista molto vicino al Capo dello Stato, e Matteo Orfini, hanno iniziato a fare proselitismo in parlamento. Così, giorno dopo giorno, più aumentava il caso più aumentavano i voti a Mattarella: prima decine, poi centinaia, fino al plebiscito di ieri sera: 759 voti, il più alto risultato di sempre dopo Sandro Pertini.
Più passavano i giorni, più si bruciavano candidati, più Mattarella appariva ai parlamentari un porto sicuro dove mettere al riparo la legislatura, e quindi lo stipendio, e pure il vitalizio: alti principi che invece una eventuale ascesa al Colle di Draghi avrebbero messo a repentaglio, perché appariva sempre più chiaro, anzi cristallino, che l’elezione del premier al Quirinale avrebbe significato elezioni anticipate. I candidati bruciati finivano così per riscaldare l’opzione del bis: restava da convincere, due giorni fa, solo Matteo Salvini, perché Mattarella aveva richiesto, per accettare la rielezione, il consenso dell’intera maggioranza di governo. Salvini, scottato dalla candidatura-flash di Elisabetta Belloni, durata lo spazio di un tramonto, alla fine si è convinto, o è stato convinto. La processione dei capigruppo al Quirinale, ieri, ha prodotto l’effetto sperato: Mattarella ha accettato ed è stato rieletto, ma certamente non a tempo. A lui un secondo mandato pieno, agli altri aspiranti Presidenti della Repubblica restano le mani vuote.
Si consuma così il capolavoro politico di Draghi, perché è lui che ha tessuto la trama affinché le cose andassero così: il suo posto è al governo, non certo al Quirinale, dove si decide ben poco di serio. E con la sua vittoria si è consumata la morte dei partiti, singoli e in coalizione. Sempre più deboli, sempre più l’uno contro l’altro, sempre meno incisivi. Nell’Italia che si emoziona per le foto del trasloco di Mattarella riesce più un singolo che l’intero arco parlamentare.

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