Dall’alba di sabato dalla Striscia di Gaza sono stati lanciati, a sorpresa, una pioggia di oltre duemila razzi contro Israele (anche sulla capitale Tel Aviv e sulla Città Santa di Gerusalemme) mentre sono entrati in territorio israeliano decine di miliziani di Hamas (anche in parapendio), via terra o anche dal mare. Il capo di Hamas ha definito l’operazione Alluvione al-Aqsa causata «dalla profanazione dei luoghi santi a Gerusalemme» e dal costante rifiuto da parte di Israele di «liberare i prigionieri». Poi ha aggiunto che i razzi lanciati nella prima fase dell’operazione «sono stati cinquemila».
L’attacco contro lo Stato ebraico – dalle ultime notizie giornalistiche – non ha paragoni di sorta con le precedenti offensive partite da Gaza. Secondo gli esperti e gli osservatori internazionali, Hamas spera di consolidare la propria posizione e di indirizzare il “mondo arabo” verso la propria causa in un momento particolare in cui Israele si stava avvicinando all’Arabia Saudita in seguito agli accordi di Abramo. L’intelligence israeliana – secondo noi (e questo ci sorprende?!) – è stata colta di sorpresa. Riteniamo (e speriamo di sbagliare) che il conflitto potrebbe allargarsi a macchia d’olio. Il violento attacco lanciato da Hamas contro Israele, non è stato compiuto in un solo giorno e a caso, ma il tutto è stato studiato nei minimi dettagli ed è avvenuto nel cinquantesimo anniversario della guerra del Kippur. Un attacco, quello attuale, che non ha alcun paragone con precedenti offensive della Striscia di Gaza.
Infatti migliaia sono stati i missili lanciati in poche ore sullo Stato ebraico. Poi c’è stata una dichiarazione di guerra implicita soprattutto per l’irruzione in Israele dei soldati di Hamas che hanno sparso il terrore nelle zone vicine alla Striscia di Gaza e non solo, fino a conquistare il controllo di qualche villaggio o di qualche città israeliana. L’attacco – come abbiamo sempre appreso dai mass media – è partito per terra, via mare e dall’aria con grande vigore e rivendicazione da parte di Hamas. È Guerra! Lo ha detto il ministro della difesa israeliano, il capo della polizia e il premier Netanyahu. Quella che Hamas, il gruppo militante palestinese che controlla la Striscia di Gaza, ha lanciato «è una guerra contro Israele. Cittadini di Israele siamo in guerra e non è solo un’operazione, è proprio una guerra». Israele ha risposto subito, in quella che si prevede sarà l’ennesima lunga e sanguinaria spirale di violenza. Il bilancio è tragico: oltre 200 vittime (tra chi è stato colpito dai razzi e quelli uccisi da armi da fuoco) e oltre 1600 feriti a causa dei lanci di razzi di Hamas, e dall’altra parte 300 vittime e 1.500 feriti per i bombardamenti israeliani.
L’esercito israeliano ha richiamato in servizio decine di migliaia di riservisti, per quella che è stata battezzata l’Operazione Spade di Ferro. «Decine di aerei israeliani stanno attaccando Gaza un numero di obiettivi di Hamas nella Striscia» ha annunciato un portavoce militare. Sarebbero stati colpiti, dai raid israeliani, 17 compound militari e quattro centri di comando operativi appartenenti a Hamas nella Striscia. «Pagheranno un prezzo mai conosciuto prima» ha minacciato Netanyahu. Hamas ha pubblicato foto che mostrano miliziani armati mentre catturano numerosi soldati israeliani nel corso di un attacco a una base militare sul confine con la Striscia di Gaza. Ma sono stati anche catturati tantissimi civili. Abbiamo fatto un rapido excursus della assai critica situazione medio orientale di cui tutti avete avuto notizie dai mass media. Una guerra che ricorda quella del 1973 di cinquantanni fa’. Da decenni la situazione di quei territori è in perenne conflitto, ma il ricorso alla guerra non risolve in alcun modo la gravissima situazione creatasi come ha detto il Cardinale Pierbattista Pizzaballa Patriarca Latino di Gerusalemme che, intervistato, si è augurato che al più presto la situazione possa essere ricontrollata dando spazio al dialogo e alla pace. Ma onestamente io (che sono stato da pellegrino in Israele e in Terra Santa per ben cinquanta volte e ) che conosco la situazione locale (ho tanti amici a Gerusalemme dal Patriarca ai frati francescani e a funzionari consolari) questa volta sono estremamente preoccupato in quanto, secondo me, si è aperto uno spiraglio di violenza senza precedenti; è iniziata una vera e propria guerra tra un’organizzazione (Hamas) con sede a Gaza e lo Stato d’Israele che ha tutto il diritto di difendersi. Sarà una guerra lunga e mai vista anche perché si è assistito a scene di violenza inaudite contro civili che sono in ostaggio e molti morti. E tutto ciò dove porterà? Secondo me da nessuna parte perché alla fine del conflitto si conteranno un numero indefinito di caduti e di feriti da ambedue le parti. E non solo! Ieri si è riunito il Consiglio di Sicurezza dell’Onu: occorre secondo me un intervento diplomatico forte e urgente per fermare la guerra e l’exaltation di violenza e riprendere l’idea dei due popoli, due Stati. La soluzione dei due Stati progettata per la soluzione è l’ipotesi di accordo che è in discussione da parte degli attori chiave del conflitto.
Secondo tale ipotesi, la soluzione dell’ormai storica guerra risiederebbe nella creazione di due Stati separati nella parte occidentale della Palestina storica, uno ebraico e l’altro arabo.
In tale proposta agli arabi residenti in Cisgiordania o a Gaza verrebbe data la cittadinanza del nuovo Stato della Palestina, cosa che verrebbe offerta anche ai rifugiati palestinesi; per quanto riguarda gli arabi residenti in Israele verrebbe loro data l’opportunità di scegliere quale cittadinanza avere: israeliana o palestinese.
Discussa soprattutto durante la conferenza di Annapolis di novembre 2007, è un’idea che, con varianti, ha una storia che risale a tanto tempo orsono.
Questa è l’unica soluzione che le due parti in conflitto devono accettare dopo che si sono sedute ad un tavolo di trattative organizzato dall’Onu che deve vestire al più presto i panni di mediatore internazionale prima che la situazione diventi irreversibile.
*Avvocato cassazionista ed esperto
della questione israelo-palestinese.