Editoria, un regalo ai poteri forti
E meno male che erano contro i poteri forti. Per questo Natale il Movimento 5 Stelle ha fatto un bellissimo regalo a Carlo De Benedetti, Silvio Berlusconi, Caltagirone e ai pochissimi altri stramiliardari che controllano l’informazione in Italia. Quelli che usano giornali nazionali e locali, televisioni e radio per determinare l’agenda politico-amministrativa e orientare l’opinione pubblica secondo le esigenze aziendali.
Il maxiemendamento
Nella Manovra in discussione in Parlamento c’è l’emendamento che provocherà l’estinzione dei quotidiani indipendenti italiani. Quelli editi dalle cooperative dei giornalisti senza padroni e padrini. Le uniche voci fuori dal coro a gettone degli organi di stampa dei noti “prenditori”, quelli in cui il conflitto d’interesse è strutturale, perché gli stipendi a redattori e corrispondenti li pagano palazzinari, finanzieri e lobbisti.
Il fondo per il pluralismo dell’informazione
Si vuole eliminare il “fondo per il pluralismo”, contributo diretto alle piccole realtà editoriali. Aziende che non potrebbero sopravvivere grazie alle sole regole di mercato, perché a far loro concorrenza sono grandi gruppi imprenditoriali con enormi disponibilità finanziarie. Il fondo serve a tutelare il diritto dei cittadini a essere informati. E’ l’attuazione della “libertà di stampa” prevista dall’articolo 21 della Costituzione.
Cose da dittatura
Purtroppo, però, questo è il genere di cose che si apprezzano solo quando si perdono. Ne sa qualcosa chi ha vissuto sotto un regime totalitario e lo intuisce chi ha letto Orwell: controllare la verità significa controllare il presente, il passato e il futuro di un Paese. Lasciare che a gestirla siano pochi soggetti, peraltro già ricchi e potenti come quelli menzionati, è molto pericoloso.
Un disastro occupazionale
Senza contare che questa mossa comporterà un’altra immediata conseguenza. La perdita di migliaia di posti di lavoro tra cronisti, grafici, personale amministrativo e lavoratori dell’indotto, dalla stampa alla distribuzione. Il tutto tra gli applausi di quella parte di pubblico che, nell’era dei social network, è molto più facile da conquistare con un “meme” che con la difesa di fortune che nemmeno sa di avere.
La scusa degli sprechi
L’emendamento viene presentato come la panacea di una serie di mali che però sono scomparsi da anni, e non certo per merito dei politici. Un tempo erano proprio loro, di ogni colore, che “si facevano il giornale” per mettersi in tasca qualche centinaio di migliaia di euro. Soldi che dovevano finanziare le loro campagne elettorali. Il giocattolo si è rotto col caso Lavitola, e ora non lo fa più nessuno.
I prepensionamenti pagati dai contribuenti
L’ultima porcata ha favorito proprio i grandi editori. Caltagirone e De Benedetti, grazie al fido Matteo Renzi, hanno potuto attingere a piene mani dal fondo per mandare in pensione anticipata i giornalisti senza rimetterci un euro. Proclamando lo “stato di crisi” hanno potuto dare una bella sforbiciata alle redazioni troppo affollate, senza conseguenze legali o ricadute economiche.
La strage degli innocenti
Insomma, un fondo per salvare migliaia di posti di lavoro utilizzato per finanziare licenziamenti. Soldi dei contribuenti da investire per un’informazione libera e plurale, col sostegno ai giornali più “deboli”, spesi per rafforzare la posizione di quelli più forti. E ora che l’assalto alla diligenza è terminato, ora che i miliardari hanno già ottenuto il bottino, i 5 Stelle completano l’opera sterminando quelli che fanno loro concorrenza.