MILANO – Dieci anni fa moriva Eluana Englaro. La sua storia è entrata nel cuore di tutti ed ha aperto un dibattito importante, medico, scientifico ma anche e soprattutto di vita. La sua storia è quella del papà e della sua battaglia perché venisse riconosciuta e accettata una morte dignitosa. Da quel giorno una vera e propria lotta continua, ma la legge sul biotestamento, nonostante un numero impressionante di pareri favorevoli, stenta ancora a decollare.
La battaglia del papà di Eluana Englaro
Beppino Englaro, papà di Eluana, è intervenuto ad un convegno organizzato proprio sul caso della figlia: “Mia figlia – ha detto – era una purosangue della libertà e non avrebbe mai accettato che altri potessero disporre della sua vita come invece è stato. Certi politici potevano risparmiarsi quella battaglia legale”. Dieci anni di sofferenza, dieci anni di battaglie senza sosta. Eppure, con lo sguardo al futuro, ancora tanta fiducia: “Grazie alla buona legge sul biotestamento – ha proseguito Beppino Englaro – c’è la possibilità che nessuna Eluana venga intrappolata nei meccanismi che la catturarono. Sappiamo dai sondaggi che tre persone su quattro vogliono che questo problema venga affrontato. Le istituzioni diano una risposta”.
Manca tanto per la piena operatività della legge sul biotestamento
Anche grazie a Eluana l’Italia ha oggi legge sul ‘fine vita’, un diritto sancito ufficialmente con l’approvazione nel 2017 della legge sul biotestamento (detta anche ‘Disposizioni anticipate di trattamento Dat’) che però ha ancora tanti spazi vuoti. Manca infatti, tra le altre cose, un registro o una banca dati nazionale delle Dat, ecco perché la piena operatività è ancora molto lontana. La storia di Eluana Englaro, ma anche quella di Welby e quella più recente di Dj Fabo hanno senza ombra di dubbio sensibilizzato l’opinione pubblica. Anche per questo si è arrivati ad una normativa che ha bisogno ancora di uno step per essere attuata: “Oggi – ha concluso il papà – Eluana non sarebbe in trappola”.