CAGLIARI – Massoneria, la scalata (tentata) a Banca Etruria e i soldi smistati a Londra. Le indagini, spesso, si intrecciano. Quattro inquisiti dalla Procura di Arezzo propria sulla vicenda Etruria sono stati coinvolti in una nuova attività investigativa coordinata dalla Dda di Cagliari: si tratta di Flavio Carboni, già condannato in primo grado per il caso P3, Riccardo Piana, suo collaboratore, Lorenzo Dimartino, tributarista, e Maria Laura Scanu Concas.
Inchieste diverse, ma sostanzialmente collegate. Al centro del filone sardo, ha raccontato La Verità (giornale diretto da Maurizio Belpietro), c’è sempre Banca Etrurica. Gli investigatori si sono concentrati sull’offerta pubblica d’acquisto lanciata da un fondo del Qatar all’istituto di credito toscano ai tempi della presidenza di Lorenzo Rosi (il vice era Pier Luigi Boschi, padre dell’ex sottosegretario Maria Elena Boschi).
L’inchiesta di Arezzo
La Procura di Arezzo ha già chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio per Carboni, Piana, Scanu Concas e altre 7 persone, accusate a vario titolo di associazione per delinquere, riciclaggio, reati fiscali e bancarotta.
La posizione di Dimartino, invece, è stata stralciata: sul professionista è al lavoro la Procura di Napoli. Sarebbe stato lui a presentare l’Opa, a nome di un fondo del Qatar, per rilevare circa il 50% delle quote di Banca Etruria.
L’inchiesta di Cagliari
Il secondo fascicolo sullo stesso caso è stato attivato dalla richiesta di rogatorie avanzata dalla Procura distrettuale di Cagliari. Ampliando l’attività investigativa, puntando all’estero, valicando le Alpi e oltrepassando La Manica, gli inquirenti avrebbero scoperto l’ipotizzato tesoretto di Carboni. Il faccendiere lo avrebbe usato, attraverso Dimartino, proprio per entrare in Etruria. Dunque, dietro il fondo qatariota ci sarebbe una matrice tutta italiana.
La Dda di Cagliari ha dichiarato conclusa l’inchiesta. Il materiale raccolto, ha ritenuto la Procura, è sufficiente. Adesso bisognerà valutare se chiedere o meno il rinvio a giudizio. Il filone sardo complessivamente coinvolge 11 persona. Nel registro degli indagati con Flavio Carbone compare anche il figlio Diego, l’avvocata Luisella Corda di Iglesias, Riccardo Piana di Aviano, Leonardo Leporatti di Viterbo, Domenico Manzotta di Porano, Ugo Benedetti di Roma e Fabrizio Avondoglio di Aosta.
La società londinese e quella con sede a Cagliari, sostiene la Dda, avrebbero dovuto mascherare presunti affari lucrosi di Carboni.
L’attenzione della Dda è stata dedicata su due società. La prima è Exagon Housing System Ltd, registrata a Londra nel maggio del 2014 e messa in piedi da Diego Carboni, Dimartino e Scanu Concas. Un anno dopo avrebbe cambiato nome in Exagon Graphene System. Nel 2016 per l’azienda c’è stata un’ulteriore trasformazione in Worldwide Graphene Limitetd. La seconda ha sede in Italia. E’ la Italgraphene srl formalmente di Benedetti e Avondoglio.