ROMA – Eurogruppo, atto secondo. Come già accaduto martedì, i ministri delle Finanze tentano di trovare un accordo. Ma non è semplice e la riunione tarda ad iniziare, viene continuamente rimandata. I telefoni squillano tra le diverse capitali: la videoconferenza plenaria non si apre perché tutti vogliono capire prima se reggono le alleanze, quali saranno i margini di trattative, se ci saranno colpi di scena.
Nonostante le pressanti richieste italiane, l’ipotesi degli eurobond sembra remota. Difficile che vengano anche solo citati nel documento finale. Più probabile, invece, il riferimento ad un fondo per il rilancio comunitario, forse finanziato con titoli condivisi. Potrebbe essere una sorta di via di mezzo, è la Francia che, attraverso il ministro Bruno Le Maire, spinge su questo tasto, cercando di vestirlo da compromesso tra i rigoristi e i Paesi che chiedono la solidarietà.
L’accordo può essere ad un passo, spiega il presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, che si dice sicuro: i ministri dell’Eurozona saranno all’altezza della sfida solo “mostrando lo spirito necessario di compromesso, che è al cuore della nostra Unione”. Centeno chiede ai colleghi di fare presto. Non ci si può salvare mettendo gli interessi di qualche Paese prima degli altri: “Il virus è cieco riguardo bandiere, colore, sesso, classe sociale – incalza il portoghese -. Non ci sono passeggeri di prima classe. O affondiamo o nuotiamo assieme”.
Il messaggio è chiaro: per trovare una posizione comune, ognuno dovrà rinunciare a qualcosa. La cancelliera tedesca Angela Merkel, cercando di fare un passo vero l’Italia, si dice pronta a mostrare tutta la solidarietà di Berlino, ma ribadisce di non poter aprire sugli eurobond. Non aiuta l’editoriale del Die Welt, secondo cui la mafia sta aspettando i soldi dell’Ue.
Il premier olandese Mark Rutte è tra i più arcigni oppositori alla linea italiana: il Parlamento che lo sostiene, con un occhio alle legislative dell’anno prossimo, approva una mozione contro gli eurobond. Ma la vera partita, per l’Olanda, si gioca sul ruolo che avrà il Fondo Salva Stati, o Mes: per Rutte, la non condizionalità dei prestiti varrebbe solo per le spese sanitarie, negli altri casi servirebbe uno stretto monitoraggio.
In pubblico, nemmeno il premier Giuseppe Conte si smuove. Alla Bbc dice che “se non acciuffiamo la possibilità di mettere nuova linfa nel progetto europeo, il rischio è reale”, e l’Ue potrebbe avviarsi verso il tramonto. Necessario, per Palazzo Chigi, “dare risposte monetarie e fiscali per fronteggiare la prova più grande dalla Seconda guerra mondiale”.
Quali risposte? Il diavolo, come sempre, sta nei dettagli. Se la risposta dovesse passare, in tutto o in parte, per il Mes, il leader dell’opposizione Matteo Salvini già annuncia battaglia. “Il Parlamento olandese ha votato due volte per dire al governo cosa può o non può fare nelle trattative con Bruxelles – tuona in un Senato dove tutti portano la mascherina -. Noi non abbiamo dato nessun mandato, a nome del popolo italiano, a Conte e Gualtieri: se firmeranno anche mezzo Mes porteremo la sfiducia in questo Parlamento”. (LaPresse)