Alzi la mano chi, ieri l’altro o nei giorni immediatamente precedenti, non si sia dedicato al solito bilancio dell’anno appena concluso. Tirare le somme è facile, è mettere nero su bianco propositi e obiettivi per il futuro che è arduo. Lo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel tradizionale discorso di fine anno, ha speso tante parole – alte, belle, responsabili – su ciò che ci siamo appena lasciati alle spalle, ma poco è riuscito ad augurarsi per il futuro. Neanche il Capo dello Stato è riuscito a intravedere cosa sarà, politicamente, questo 2019. Il suo unico riferimento concreto – a parte i ‘ci auguriamo’, ‘speriamo’, ‘è necessario’ – è stato il prossimo, imminente appuntamento con le urne. “ Quest’anno saremo chiamati a rinnovare il Parlamento europeo, la istituzione che rappresenta nell’Unione i popoli europei, a quarant’anni dalla sua prima elezione diretta – ha ricordato il Presidente – È uno dei più grandi esercizi democratici al mondo: più di 400 milioni di cittadini europei si recheranno alle urne. Mi auguro che la campagna elettorale si svolga con serenità e sia l’occasione di un serio confronto sul futuro dell’Europa”. Non solo. E’ chiaro che il risultato delle Europee sarà cruciale a livello nazionale, in Italia più che altrove. Il primo voto ‘politico’ dopo la rivoluzione del 4 marzo 2018 segnerà in modo inequivocabile il destino delle forze attualmente in campo. Il Movimento 5 Stelle ‘terrà’ o cederà il passo a un Matteo Salvini sempre più proiettato verso l’investitura a prossimo premier? I venti sovranisti e populisti che soffiano in Europa spazzeranno via “la democrazia”, come amano ripetere i piddini d’antan, Matteo Renzi in testa? L’ex presidente del Consiglio, ex segretario del Pd, ex tutto (senatore di certo lo è solo di nome, visto che a Palazzo Madama ci va per chattare con lo smartphone) è tornato a farsi sentire l’ultimo giorno del 2018: “Nel 2019 il governo gialloverde andrà in pezzi”. Nessuno, neanche i sondaggisti più esperti, sa cosa accadrà domani, e lui già sentenzia munito della sua personalissima palla di vetro. In realtà, a leggere i fatti, pare proprio che Conte and friends dovremo tenerceli ancora un poco. Forse addirittura per un’altra legislatura. E, se lo metta in testa Matteo Renzi, la loro permanenza sui colli capitolini è strettamente legata all’assenza sua e del collega Silvio Berlusconi. L’unico modo per dire addio a questa esperienza di governo, che per il 2019 ci ha regalato – tra le altre cose – una pressione fiscale in aumento dello 0,4%, una riduzione degli investimenti di un miliardo, il taglio dei contributi che garantiscono il pluralismo dell’informazione, un reddito di cittadinanza che a lungo resterà una promessa, è che Pd e Fi spariscano. Solo quando gli italiani avranno la certezza che il pericolo è passato, che l’operazione di ‘repulisti’ avviata il 4 marzo 2018 è ultimata, potremo sperare di avere al governo una classe politica più capace e competente, che almeno sappia cosa sia il tunnel del Brennero. Le Europee possono essere la spallata finale – e le Regionali dell’anno prossimo il colpo di grazia – per archiviare l’esperienza di passaggio che è il governo gialloverde e restituire all’Italia una classe dirigente che sia degna di questo nome. Ma finché ci saranno in giro il Gatto e la Volpe, anche Bonafede ci sembrerà Aldo Moro. La speranza, allora, per questo 2019 appena cominciato, è che chi si è mangiato l’Italia abbia un sussulto di dignità e faccia un passo indietro. E’ possibile, sapete, nessuno è eterno. Berlusconi va per gli 83, Renzi fra 10 giorni compirà 44 anni, e Tony Blair ne aveva appena qualcuno in più quando ha lasciato la politica per insegnare. Il problema è che il ‘ducetto di Rignano’ neanche ce li ha i titoli per riciclarsi docente… ma un lavoretto sempre lo troverà, ne siamo certi. Ci penserà Di Maio assegnandolo a un ‘Navigator’. Auguri all’Italia, auguri a noi.
Europee 2019, primo test per riprenderci la dignità
Il commento della giornalista professionista di "Cronache" Maria Bertone