NAPOLI – Faida di Scampia, ricostruiti otto omicidi: ordinanza in carcere per 16 indagati. Tre i clan coinvolti – Di Lauro, Amato-Pagano e Vanella Grassi – e nuove accuse per boss e killer delle organizzazioni criminali dell’area nord, già in carcere da anni. Determinanti le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Il blitz ieri mattina a cura dei carabinieri del nucleo investigativo di Napoli, che hanno dato esecuzione ad una misura cautelare personale, emessa dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Torna in cella Vincenzo Di Lauro, figlio del super boss Paolo Di Lauro, fondatore dell’omonima cosca criminale per anni egemone tra Secondigliano e Scampia.
Vincenzo Di Lauro viene indicato come reggente dell’organizzazione criminale di via Cupa dell’Arco. Il provvedimento ha colpito suo fratello Marco Di Lauro (catturato nel marzo 2019 dopo 14 anni di latitanza), Rito Calzone, Enzo Notturno, Carmine Pagano, Cesare Pagano, Salvatore Frate, Nunzio Talotti, Mario Buono, Raffaele Musolino, Raffaele Amato, Cesare Pagano, Salvatore Petriccione, Renato Napoleone, Davide Francescone, Luca Raiano e Fabio Magnetti. Indagati, ma non destinatari di ordinanza, Antonio Accurso, Carlo Capasso, Rosario Guarino, Gennaro Puzella, Ciro Caiazza, Vincenzo D’Avanzo, Giuseppe Sorgente, Antonio Lucarelli, Pasquale Spinelli e Ciro Barone. Sono otto, si diceva, i delitti ricostruiti dalla Direzione investigativa antimafia, tutti da inquadrare nella faida di Scampia, la sanguinosa guerra di camorra combattuta tra le strade della periferia nord per il predominio sugli affari illeciti, soprattutto traffico e spaccio di stupefacenti e business delle estorsioni. Gli inquirenti hanno dato un nome e un volto a mandanti e sicari di Giuseppe Pica (ucciso il 14 marzo 2007), Lucio De Lucia (21 marzo 2007), Luigi Giannino (13 giugno 2007), Salvatore Ferrara (25 settembre 2007), Luigi Magnetti (25 settembre 2007), Carmine Fusco (9 febbraio 2008). Otto omicidi di camorra in meno di un anno, un botta e risposta terribile tra organizzazioni criminali un tempo appartenenti a un unico sodalizio sotto la bandiera del clan Di Lauro.
Il provvedimento della Dda eseguito ieri si riferisce, infatti, a delitti che secondo l’accusa risultano concatenati tra loro quali ‘reazioni a catena’, ciascuno effetto e allo stesso tempo causa di altro omicidio, nel contesto di una contrapposizione armata tra clan operanti a Secondigliano.
Il periodo è quello della faida, ovvero la guerra tra gli Amato-Pagano da un lato, e i Di Lauro dall’altro, finalizzata alla supremazia dell’una sull’altra nell’area di Secondigliano e Scampia. Le vicende prendono le mosse dall’omicidio di Giuseppe Pica, da cui ha avuto origine la ‘girata’, ossia il passaggio di una serie di esponenti del dm Di Lauro nelle fila dell’opposto sodalizio camorristico degli Amato-Pagano. In realtà, la ‘girata’ è stata una decisione di alcuni esponenti della Vanella Grassi (piccolo gruppo che successivamente aumenterà il proprio potere e la sua capacità di intimidazione), ed è stata messa in pratica un segnale ben preciso, l’omicidio di Pica, al quale è seguito poco dopo poco più di un’ora l’omicidio di Francesco Cardillo. Gli omicidi hanno suggellato la ‘girata’ e l’ingresso del nuovo gruppetto, costituito da Luigi Giannino, Luigi Magnetti, Rosario Guarino e altri nel gruppo degli Amato-Pagano: gli omicidi sono stati il prezzo da pagare per entrare nel sodalizio degli ‘scissionisti’, nel senso che, secondo le logiche criminali, per dimostrare fedeltà al nuovo clan era indispensabile rompere i rapporti con il vecchio gruppo di appartenenza dimostrando con atti concreto di aver rescisso i legami con il gruppo camorristico precedente. Nella logica camorristica, la dimostrazione poteva essere data soltanto uccidendo componenti del vecchio gruppo, ossia del clan camorristico da cui Magnetti (a sua volta deceduto), Giannino (anche lui ucciso in un agguato) e altri intendevano uscire.
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