Falsa testimonianza per il boss La Torre, condannato l’avvocato Santonastaso

MONDRAGONE – La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da Michele Santonastaso, avvocato 63enne di Caserta, contro la sentenza emessa il 23 gennaio 2024 dalla Corte di Appello di Perugia. La decisione finale comporta per il professionista l’obbligo di sostenere le spese processuali e di versare 3mila euro alla Cassa delle ammende.

La vicenda giudiziaria trae origine da una condanna per falsa testimonianza aggravata dall’associazione di tipo mafioso, che coinvolgeva Santonastaso in un caso particolarmente complesso legato al clan camorristico guidato da Augusto La Torre (nella foto), attivo sul litorale..
Secondo quanto ricostruito dai tribunali, Santonastaso avrebbe organizzato una falsa testimonianza a favore di La Torre, resa da Giuseppe Mandara. Quest’ultimo, in un procedimento contro La Torre per un’estorsione, avrebbe fornito un alibi falso per scagionare il capo clan. L’intento sarebbe stato dimostrare che La Torre si trovasse altrove il giorno della presunta estorsione.

La Corte di Appello di Napoli aveva confermato la condanna inflitta in primo grado dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere . La sentenza era divenuta definitiva con il pronunciamento della Corte di Cassazione del 13 febbraio 2020. Nel 2021, la Corte di Appello di Roma aveva dichiarato inammissibile l’istanza di revisione presentata nell’interesse di Santonastaso. Quest’ultima si basava su due lettere scritte da La Torre a Mandara, datate 7 e 16 novembre 1999, e su un verbale di interrogatorio del 18 febbraio 2018 in cui La Torre avrebbe ritrattatoin via generica.

La Cassazione aveva successivamente annullato l’ordinanza della Corte di Appello di Roma, rilevando che non erano state adeguatamente motivate le ragioni per cui le nuove risultavano ritenute irrilevanti. Il caso era stato quindi rinviato alla Corte di Appello di Perugia. Tuttavia, anche quest’ultima ha respinto l’istanza di revisione, ritenendo che le lettere fossero già state valutate e non aggiungessero elementi significativi. In particolare, l’unica lettera. Anche il verbale di interrogatorio è stato considerato inadeguato, poiché troppo generico. La difesa di Santonastaso aveva sollevato un’ulteriore obiezione, sostenendo che la Corte di Appello di Perugia fosse incompetente a decidere sul caso. Secondo i legali, il procedimento originario includeva infatti accuse di calunnia e diffamazione contro i magistrati Raffaele Cantone e Federico Cafiero de Raho, le quali erano state trasferite al Tribunale di Roma. La Cassazione, ha stabilito che non è ammessa la discussione sulla competenza territoriale, già attribuita dalla sentenza di annullamento.

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