Fedeli in preghiera, il confronto tra le religioni

Foto Osservatore Romano/LaPresse

Secondo i dettami della spiritualità ebraica, la preghiera non è mai separata dalla realtà quotidiana, dai problemi concreti e reali vissuti ogni giorno dall’uomo. L’implorazione o invocazione a Dio viene fatta in funzione della più ovvia e ordinaria esistenza. La religione ebraica, per sua natura, conosce e vive una spiritualità, una ritualità, una liturgia, che si possono definire molto legate alla famiglia e all’ambiente domestico. In base a quanto è riportato nel Corano, la preghiera assume una posizione centrale e di enorme importanza nella fede islamica. La preghiera per gli islamici è un modello di sottomissione esemplare a Dio e di assoluta obbedienza. Il messaggio evangelico è stato ereditato dalle tre confessioni-cardine cristiane che sono il cattolicesimo, il protestantesimo e la fede ortodossa. Ognuna conserva una propria identità e una sua particolare sensibilità anche per ciò che riguarda la preghiera. Ciò che caratterizza la preghiera dei protestanti è l’ascolto della Parola di Dio, mentre per i cattolici esistono tradizioni di orazioni che si richiamano alla liturgia delle ore con i salmi, al rosario, alle invocazioni dei santi, alle devozioni derivanti dalla pietà popolare. Gli ortodossi tendono a ripetere con insistenza il nome di Gesù o a fare di continuo segni di croce. Quando un cristiano prega, lo fa nel nascondimento, con fiducia, tenacia e umiltà. Nell’ambito del buddismo, la preghiera ha attinenza con il sentimento del dolore umano, che non è costituito solo dalla malattia, dalla morte, ma anche dalla condizione di provvisorietà e precarietà in cui versa la vita umana. La preghiera è fatta di formule e invocazioni , tra cui si contraddistingue il rosario buddista , in meditazione. Sul fronte dell’induismo, l’obiettivo della preghiera, vista e intesa come forma di ascesi o pratica della pietà, è liberare la creatura dal ciclo delle incarnazioni cui è soggetta, troncando ogni legame con la vita terrena, falsa, ingannatrice, solo apparente. Prima che si adottasse l’uso di tenere le mani giunte, per pregare, sin dai tempi più remoti del cristianesimo, si tendeva, invece, a stare in piedi con le braccia levate in alto e le palme delle mani verso il cielo. O meglio con le braccia tese in croce, nella stessa posizione del Cristo Redentore. Un’altra posizione consueta è la prostrazione a terra, la proskinesis, o humiliatio dei monaci occidentali. Quando si sta in ginocchio con il capo chinato, si assume una postura presa in prestito dalla tradizione per manifestare il pentimento. Le mani giunte e lo stare inginocchiati prendono piede successivamente tra i cristiani, come corretti modi di pregare per adorare, umiliarsi e dimostrare pentimento.

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