NAPOLI – Non si sarebbe ferito da solo, ma a premere il grilletto sarebbe un suo parente. Svolta nelle indagini sulla morte di Antonio Artiano, detto Anthony: fermato il fratello della fidanzata, Pasquale Muro, 20 anni, del rione Traiano. Il giovane è stato rinchiuso nella casa circondariale di Pescara. Due giorni fa la Squadra Mobile di Napoli lo ha localizzato in Abruzzo, dove era fuggito insieme alla famiglia in seguito al ferimento di Artiano, avvenuto giovedì 10 novembre in via Marco Aurelio, nei pressi della sua abitazione. Artiano sarebbe poi deceduto dopo sei giorni di agonia, all’alba di mercoledì scorso, all’Ospedale del Mare di Ponticelli.
Il decreto di fermo
Nei confronti di Muro gli agenti della Mobile hanno eseguito, su delega della Procura della Repubblica di Napoli, un decreto di fermo di indiziato di delitto in quanto il 20enne è gravemente indiziato dell’omicidio del 23enne, figlio di un boss del clan Grimaldi, Giovanni Artiano, profilo ritenuto vicino al ras Antonio Scognamillo. La camorra, però, non c’entra. Il 10 novembre gli agenti della Squadra Mobile erano intervenuti presso l’ospedale San Paolo dove era giunto Artiano con una ferita da colpo d’arma da fuoco alla testa. La vittima vista la gravità delle lesioni subite era stata trasportata presso l’Ospedale del Mare in prognosi riservata ed in pericolo di vita. Mercoledì scorso per cause riconducibili alla ferita da colpo d’arma da fuoco Artiano è deceduto.
Il retroscena
Dall’attività investigativa è emerso che Artiano intratteneva una relazione sentimentale burrascosa con la sorella di Muro e che, a seguito dell’ennesima lite tra i due, i familiari della ragazza si erano recati presso alcuni parenti del 23enne per chiarire la vicenda. Il confronto è degenerato e Muro, che era armato, durante una colluttazione avrebbe esploso dei colpi d’arma da fuoco all’indirizzo della vittima ferendolo alla testa. In un primo momento, la dinamica e il profilo della persona ferita (parente di un elemento di spicco della mala di Napoli ovest), avevano indotto gli investigatori a seguire la pista dell’agguato di camorra. I primi indizi della lite familiare e dello sfondo sentimentale sono emersi nelle ore successive, quando alcuni testimoni hanno fornito nuovi elementi alle forze dell’ordine. In un contesto abitativo e sociale com’è il rione Traiano, di tutti si sa tutto e le notizie corrono veloci da una bocca all’altra. Non si trattava, dunque, di un raid di piombo, ma di una colluttazione. Poi era emersa un’altra pista che indicava nello stesso Artiano il responsabile del ferimento di se stesso. Si era ipotizzata una lite e un colpo partito accidentalmente da un’arma impugnata dallo stesso 23enne durante il confronto chiarificatore. Poi la svolta, arrivata con il decreto di fermo eseguito venerdì in Abruzzo.
Le accuse
La famiglia dell’indagato si difende lanciando accuse verso la vittima. Secondo il padre del 20 arrestato, Gianluca Muro, Anthony maltrattava la figlia, violenze di cui – ha riferito l’uomo – “abbiamo le prove”, così come delle minacce. “Abbiamo sbagliato, ci dovevamo rivolgere alla giustizia dall’inizio. Invece abbiamo cercato di risolvere la vicenda parlando con la famiglia del ragazzo. Voglio dire che siamo andati via dal rione solo per paura di ritorsioni – ha aggiunto Gianluca Muro – e che, come abbiamo dimostrato dall’inizio di questa brutta storia, siamo stati e siamo tuttora a disposizione delle forze dell’ordine”. Difeso dall’avvocato Luigi Senese, lunedì Pasquale Muro sarà davanti al gip Nicola Colantonio del Tribunale di Pescara per l’udienza di convalida del fermo.
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