MILANO – Il Pil dell’Italia crescerà dello 0,5% nel 2020 e dello 0,7% nel 2021. Lo stima il Fondo monetario internazionale nell’aggiornamento del suo World Economic Outlook. Rispetto allo scorso ottobre, l’Fmi lascia invariata la previsione per quest’anno e lima di 0,1 punti quella per il prossimo. Per il 2019 il Fondo si aspetta che il Pil italiano sia aumentato dello 0,2%, dopo essersi espanso dello 0,8% nel 2018. La crescita italiana vede “numeri ancora abbastanza piccoli” perché “l’Italia ha bisogno di importanti riforme strutturali per spingere il potenziale di crescita” e di “ridurre il debito”, afferma Gita Gopinath, capa del dipartimento di ricerca dell’Fmi.
I dati
Gopinath sottolinea che lo 0,2% di espansione stimato per il 2019 dal Fondo, superiore alla crescita zero che gli economisti di Washington si aspettavano in ottobre, dipende “dalle condizioni favorevoli di allentamento monetario, che hanno però portato ovunque benefici nel mondo”. Gian Maria Milesi-Ferretti, vice capo del dipartimento, aggiunge che nel Belpaese “bisogna indirizzare le vulnerabilità, agire sul numeratore della crescita”, con l’Italia che “deve spingere la crescita potenziale, ha bisogno di aumentare la produttività, perché il Pil pro capite è inferiore a prima della crisi”. L’Italia, infatti, a livello di Pil resta fanalino di coda del G7. Una crescita “molto, molto modesta”, la definisce Milesi-Ferretti.
Guardando al mondo, secondo l’Fmi la crescita globale accelererà al 3,3% nel 2020 e al 3,4% nel 2021, dopo che il Pil mondiale sarà aumentato del 2,9% nel 2019. Si tratta di una revisione al ribasso di 0,1 punti percentuali per il 2019 e il 2020 e di 0,2 punti per il 2021, rispetto al Weo di ottobre. “La revisione al ribasso – precisa il rapporto – riflette principalmente sorprese negative sull’attività economica in alcuni mercati emergenti, in particolare in India, che ha portato a una rimodulazione delle prospettive di crescita nei prossimi due anni”. Inoltre, si legge ancora nel documento, “in alcuni casi, questa rivalutazione riflette anche l’impatto di maggiori disordini sociali”. In ogni caso l’Fmi è più ottimista dell’autunno scorso. Anche se le stime indicando una crescita “più debole” a inizio 2020, i rischi per l’attività economica globale sono “meno rivolti al ribasso”. Alla vigilia di Davos, gli economisti dell’Fmi vedono “primi segnali di stabilizzazione” con un miglioramento della fiducia che ha beneficiato di “schiarite” sulla manifattura, del diffuso spostamento verso una politica monetaria più accomodante nei Paesi avanzti, di notizie favorevoli sui negoziati commerciali tra Stati Uniti e Cina e dai minori timori di una Brexit disordinata.
di Lorenzo Allegrini