
CASAL DI PRINCIPE – Origini albanesi, ma trapiantato a Castelvolturno, vicino ai Bidognetti ma con forti relazioni con ‘ndranghetisti e criminali pugliesi: è il profilo che i carabinieri di Aversa hanno tracciato di Ermal Hasanay. Sarebbe stato lui, oggi 40enne, a controllare la droga spacciata sul Litorale, almeno fino a novembre 2022, e anche parte di quella che riforniva le piazze dell’Agro aversano.
In poco tempo, affermano gli investigatori, è riuscito a diventare un narcos di primo livello, una posizione criminale conquistata principalmente grazie all’appoggio garantitogli dalla cosca di Cicciotto ‘e Mezzanotte, al secolo Francesco Bidognetti.
La figura di Hasanay era già emersa durante l’indagine che nel 2022 ha smantellato la linea di comando mafioso che, dal carcere di Terni, dove era recluso Gianluca Bidognetti Nanà (figlio ed erede criminale di Cicciotto), arrivava a Casal di Principe.
Grazie però alle informazioni raccolte successivamente dai carabinieri, fornite dai collaboratori Vincenzo D’Angelo, alias Biscottino, e Antonio Lanza, per la Direzione distrettuale antimafia è stato possibile definire con maggior dettaglio i presunti affari che Hasanay avrebbe gestito sotto l’egida del clan.
Per D’Angelo, genero del capocosca Cicciotto ‘e Mezzanotte, Hasanay, conosciuto come Francesco l’albanese, era un affiliato ai Bidognetti: sarebbe stato introdotto nel clan per volontà di suo cognato Aniello Bidognetti, figlio di Cicciotto.
Inizialmente, il suo supervisore, ha raccontato D’Angelo, era stato Carlo D’Angiolella, marito di Katia Bidognetti (sorella di Aniello): tuttavia, nel 2020, a seguito di una crisi coniugale, Biscottino decise di metterlo da parte, affidando il compito a Nicola Sergio Kader di affiancare l’albanese.
D’Angelo ha sottolineato che Hasanay era molto affidabile nel condurre i traffici di narcotici, tanto che venne incaricato di provare ad occuparsi delle forniture di stupefacenti a Emilio Martinelli di San Cipriano d’Aversa e Gaetano Diana di Casal di Principe. Chi sono? Emilio Martinelli, attualmente in carcere e condannato in primo grado per associazione mafiosa, è figlio di Enrico Martinelli, ergastolano e storico esponente dei Casalesi. Gaetano Diana, invece, sta affrontando a piede libero un processo in Corte d’appello per associazione finalizzata allo smercio di stupefacenti (in primo grado è stato assolto). È figlio di Elio Diana, anch’egli libero e con un passato di detenzione per la sua partecipazione alla fazione Schiavone dei Casalesi.
Tornando a Francesco l’albanese, D’Angelo ha anche riferito che si occupò di fornire armi a Giovanni Stabile per le rappresaglie armate contro Antonio Fucci: quest’ultimo (ora in carcere) con il suo gruppo aveva cominciato a ostacolare i business criminali dei Bidognetti, attuando diverse azioni intimidatorie nei confronti dei pusher della cosca.
A rafforzare la figura malavitosa di Hasanay, ha spiegato il collaboratore di giustizia, c’erano anche i suoi legami con esponenti della ‘ndrangheta, in particolare con le ‘ndrine attive a Gioia Tauro. I rapporti tra Francesco l’albanese e il clan Bidognetti furono ufficializzati in una riunione del 2019, in base alla quale lui, per le attività che gestiva, garantiva il 25% dell’utile alle casse della cosca. D’Angelo, in particolare, avrebbe ricevuto una quota mensile che variava dai 7 ai 12mila euro al mese.
Il genero di Cicciotto ‘e Mezzanotte ha anche fornito agli inquirenti informazioni sui canali di approvvigionamento di Hasanay: la cocaina veniva importata da Gioia Tauro, mentre la marijuana e la cocaina da Brindisi. Circostanza che evidenzia come la mafia calabrese e le organizzazioni criminali albanesi, grazie al business della droga, abbiano acquisito un ruolo decisivo e sempre più incisivo nelle dinamiche criminali casertane.
Ermal Hasanay è tra i cinque indagati che, su richiesta della Dda di Napoli, il giudice Marco Discepolo ha arrestato. Il 40enne è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e di estorsione, che avrebbe commesso insieme a Umberto Meli, 31enne di Castelvolturno, anche lui finito in carcere. Gli altri tre destinatari della misura cautelare sono Nicola Pezzella, alias Palummiello, 61enne di Casal di Principe, e Nicola Gargiulo, detto Capitone, 58enne di Parete, rispettivamente storici esponenti delle cosche Schiavone e Bidognetti, e Antonio Fusco Lupin, imprenditore di Castelvolturno, ritenuto essere il braccio imprenditoriale del gruppo mafioso guidato da Gianluca Bidognetti. Nel collegio difensivo dei cinque arrestati, da ritenere innocenti fino a una eventuale sentenza di condanna irrevocabile, figurano gli avvocati Ferdinando Letizia e Danilo Di Cecco.
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