NAPOLI – Ad un mese esatto dal crollo del ponte Morandi di Genova Autostrade per l’Italia ha invitato i suoi dipendenti a sobbarcarsi parte del risarcimento alle famiglie delle 43 vittime. Si legge infatti nel comunicato al personale numero 14 del 13 settembre: “Coloro che volessero devolvere volontariamente il valore di una o più ore di lavoro a favore delle famiglie delle vittime della tragedia del crollo del ponte Morandi, dovranno compilare il seguente modulo”, scrive il responsabile Risorse Umane e Relazioni Industriali di Autostrade per l’Italia Carlo Parisi.
Ore di lavoro da devolvere ‘volontariamente’
I destinatari di questa circolare sono i dipendenti dell’azienda concessionaria autostradale. Casellanti, operai, segretari. Lavoratori comuni. Si spera siano compresi anche i dirigenti. Risarcire le famiglie delle vittime, ammesso e non concesso che una vita umana possa essere economicamente quantificata, è un dovere sacrosanto. Decidere di farlo fare, sia pure in minima parte, a chi ogni giorno si spacca la schiena e fatica a pagare le bollette a fine mese è inaccettabile. Nel modulo i lavoratori dovrebbero indicare l’Azienda per cui lavorano, il numero di matricola e la quantità di ore da devolvere ‘volontariamente’. Quel “volontariamente” non deve trarre in inganno. Innanzitutto, per fortuna, Autostrade non può costringere i suoi dipendenti a risarcire le famiglie delle vittime. Dietro la base volontaristica dell’iniziativa si cela il tentativo di nobilitare un’azione sicuramente singolare e, soprattutto, decisamente opinabile da un punto di vista etico e morale.
I guadagni dei Benetton
La famiglia Benetton, socio di riferimento di Atlantia che detiene l’88% di Autostrade per l’Italia, dal 2001 al 2017 si è portata a casa circa 600 milioni di euro a fronte dei circa 40 miliardi che la concessionaria autostradale avrebbe fatturato con i pedaggi. Seicento milioni, che diviso per i 15 anni di attività ammontano a circa 40 milioni annui.
Prima domanda: non sarebbe un sacrificio ‘onesto’, anzi dovuto per la famiglia Benetton rinunciare ad un anno di incassi e devolverli alle famiglie delle vittime? Perché andare a succhiare via i soldi dagli stipendi dei dipendenti di Autostrade che, se tutto va bene, arrivano a guadagnare 2000 euro al mese? E’ tutto sinceramente sconcertante.
Al netto delle responsabilità civili e penali che la magistratura della Repubblica appurerà nei prossimi mesi, c’è una responsabilità umana oggettiva. Quel ponte era gestito a 360 gradi da un’azienda concessionaria, Autostrade, che per l’88% è di ‘proprietà’ del gruppo Atlantia che a sua volta vede nella famiglia Benetton il suo maggiore azionista. Senza essere ridondanti è bene ripetere il concetto: delle persone sono morte nel crollo di un ponte la cui salute era di diretta dipendenza di un’azienda.
La triste iniziativa
Autostrade non può chiedere ad altri, chiunque essi siano, i soldi per risarcire i fratelli, i papà e le mamme delle vittime. Figurarsi ai suoi dipendenti. E’ eticamente e umanamente sbagliato. Per dignità, anche se dovessero uscire vincitori in sede giudiziaria, i Benetton bene farebbero a sborsare di tasca propria il denaro per i cari dei 43 morti. E non si tratta di essere più o meno populisti. Né di creare un precedente ‘pericoloso’. Sta allo Stato e non ai singoli cittadini e lavoratori risarcire i cosiddetti ‘morti pubblici’, per mutuare una espressione tanto cara ad alcuni sociologi francesi. E in questo caso lo Stato è Autostrade, a cui era stata affidata una gallina dalle uova d’oro.
“La dignità me lo impedisce, il bisogno mi costringe”
Viene in mente una commedia popolare napoletana molto efficace in cui un vecchio reduce di guerra, rimasto povero, gira casa per casa a vendere penne: ad ogni portone ripeteva, un po’ in imbarazzo, l’espressione “la dignità me lo impedisce, il bisogno mi costringe”. Ai Benetton il ‘bisogno’ non li costringe a niente, la dignità però dovrebbe. Arrivati a questo punto urge sottolineare il lato paradossale di questa brutta storia.
Autostrade vuole risarcire le vittime sottraendo soldi ai propri lavoratori
Autostrade si fregia di una cosa nobile, il risarcimento alle famiglie delle vittime. Ma lo farebbe sottraendo i soldi ai suoi lavoratori. Ci si aspetta che i sindacati e le forze politiche tutte si oppongano aspramente a questa follia. Di più, accanto all’invito a ritirare (scusandosi) questa triste iniziativa, alla famiglia Benetton non si chiede soltanto di risarcire di tasca propria rinunciando ad un anno di incassi. Ma di contribuire anche alla ricostruzione degli alloggi per le centinaia di famiglie sfollate e rimaste senza un tetto a causa del crollo del Ponte. E ancora di più: si chiede di rinunciare anche ad un secondo guadagno annuo e di redistribuire quei circa 40 milioni in bonus ai lavoratori dipendenti di Autostrade. Così giustizia, almeno un po’, sarebbe fatta.