Gergiev alla Reggia caso internazionale. Ma De Luca non cede: “La pace non si costruisce con la censura”

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Valery Gergiev

CASERTA (Anastasia Leonardo) – Alla Reggia di Caserta, il concerto del 27 luglio con Valery Gergiev, direttore d’orchestra russo vicino a Vladimir Putin, rischia di trasformarsi nel simbolo di uno scontro politico che intreccia cultura, diplomazia e guerra. Ma per Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, l’arte non deve diventare terreno di censura, nemmeno quando in gioco c’è un nome scomodo come quello di Gergiev, la cui presenza alla rassegna “Un’Estate da Re” ha scatenato reazioni internazionali.

“In questo momento stanno parlando con quello che decide, che non è un direttore d’orchestra ma si chiama Putin. E ci stanno parlando tutti, da Macron a Trump, con grande cordialità. Cosa propongono, di chiudere anche i canali di comunicazione con Putin?”, ha affermato De
Luca a Napoli, rispondendo a chi gli chiedeva conto dell’appello di Yulia Navalnaya, vedova dell’oppositore russo Aleksej Navalny, che aveva definito Gergiev “complice e promotore delle politiche criminali del Cremlino”.

Il governatore campano ha chiarito la posizione della Regione: “La nostra linea sulle vicende dell’Ucraina è quella che abbiamo annunciato tre anni fa: Putin è colpevole e rimane colpevole. L’Occidente non è innocente perché non ha fatto nulla per impedire l’invasione dell’Ucraina. Siamo solidali con il popolo ucraino, abbiamo accolto migliaia di cittadini dell’Ucraina nel nostro territorio, abbiamo dato prova di solidarietà. Ma non intendiamo accettare logiche di preclusione o di interruzione del dialogo, perché questo non aiuta la pace. Serve solo ad alimentare i fiumi dell’odio.”

Un messaggio netto, che sottolinea come il concerto, per De Luca, non possa essere trasformato in un processo politico: “I meno titolati a parlare sono quelli che non dicono una parola sul genocidio di bambini a Gaza e fanno finta di preoccuparsi di altre cose e di altri personaggi del mondo della cultura e dell’arte che non hanno nelle loro mani decisioni politiche.” Ma le voci contrarie non mancano, anche all’interno del centro- sinistra. Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento Europeo (Pd), ha chiesto l’annullamento del concerto, sottolineando che la presenza di Gergiev violerebbe il regolamento etico della Reggia di Caserta: “Tra le sue linee guida rende incompatibili iniziative o ospitalità di soggetti che violano l’agenda 2030 dell’Onu, che al punto 16 condanna tutte le forme di violenza e di traffico di armi, chiedendo a tutti l’accesso a una giustizia equa. Valori lontani anni luce da Gergiev e dal regime di cui è sponsor, testimonial e complice.”

Concorde Carlo Calenda, leader di Azione: “Sono contrario al boicottaggio culturale in generale, ma chi svolge un ruolo politico attivo di fiancheggiamento di un dittatore nemico del nostro Paese non può avere spazio e sostegno in Italia.” Per Mara Carfagna, segretaria di Noi Moderati, “l’inchiesta della Fondazione Navalny su Gergiev racconta il ruolo del maestro come ambasciatore della propaganda russa”. Il senatore dem Filippo Sensi non usa mezzi termini: “Gergiev suonasse sulla Piazza Rossa”.

Del resto, la storia di Gergiev in Italia è già segnata dalle polemiche. L’ultima volta che ha diretto un’orchestra italiana risale a febbraio 2022 alla Scala di Milano, alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Alla richiesta del sindaco Giuseppe Sala di prendere le
distanze da Putin, Gergiev scelse il silenzio, e per questo venne allontanato dal teatro. Da allora, il suo nome è stato escluso da
Carnegie Hall, Wiener Philharmoniker, Filarmonica di Monaco.

Eppure, per De Luca, la musica resta un linguaggio che non può essere tagliato con l’accetta della geopolitica. E a difendere la presenza di Gergiev è anche Antonio Marzullo, direttore artistico di “Un’Estate da Re”, che rivendica con fermezza: “Per me Gergiev è un grande artista e un grande maestro. Non mi interessano le polemiche della politica politicante.” Mentre il dibattito prosegue, resta la domanda di fondo: la cultura può davvero rimanere neutra in tempi di guerra, quando la musica rischia di diventare un megafono, consapevole o meno, di chi la
guerra la porta sul campo?

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