ROMA – A tre anni dalla scomparsa si cerca ancora la verità sulla tragica morte di Giulio Regeni, il giovane ricercatore svanì nel nulla al Cairo il 25 gennaio del 2016 e nove giorni dopo il suo corpo martoriato fu ritrovato lungo una strada. Da allora la Procura di Roma cerca i colpevoli del suo omicidio, tra depistaggi e reticenze della giustizia egiziana.
Le indagini
Giulio Regeni, 28 anni, è scomparso al Cairo il 25 gennaio 2016 e da allora le indagini hanno cercato di trovare i colpevoli, fra l’assenza di collaborazione dell’Egitto e i continui depistaggi.
La ricerca della verità
Era il 25 gennaio di tre anni fa quando il giovane ricercatore di Fiumicello esce di casa, al Cairo, per andare in piazza Tahrir. Ma non ci arriverà mai perché scompare a una fermata della metropolitana, non lontana dal centro. Il suo corpo, seminudo e con segni evidenti di tortura, viene ritrovato il 3 febbraio lungo la superstrada che collega il Cairo con Giza. Del suo corpo, riportato in Italia pochi giorni dopo, sua mamma Paola dirà: “Su quel viso ho visto tutto il male del mondo e ho detto: perché si è riversato su di lui?”. L’inchiesta parte subito.
I depistaggi egiziani
La Procura del Cairo e quella di Roma avviano inchieste parallele e gli inquirenti si incontrano fin da maggio 2016. Ma dalla città egiziana iniziano ad arrivare i primi depistaggi. Dall’incidente all’omicidio passionale, fino allo spaccio di droga: sono gli inverosimili moventi che Il Cairo prova ad affibbiare al caso del ricercatore torturato. Fino ad arrivare all’uccisione di cinque presunti sospettati dell’omicidio, il 24 marzo 2016. A casa di uno dei cinque, morti in un conflitto a fuoco con la polizia, viene ritrovato il passaporto di Giulio ma le indagini successive verificheranno che a portare lì il documento è stato un agente della National security, i servizi segreti civili egiziani.
I servizi segreti
Ed è proprio su di loro che si concentrano le indagini di piazzale Clodio: secondo i Pm italiani Regeni, che si trovava in Egitto per svolgere un dottorato sui sindacati di base egiziani per conto dell’Università di Cambridge, viene torturato e ucciso perché ritenuto una spia. Si appurerà in seguito che a venderlo ai servizi segreti civili è stato il capo degli ambulanti, Muhammad Abdallah, con cui il ricercatore era venuto in contatto per i suoi studi. Un anno dopo la scomparsa di Giulio, compare un video in cui il giovane ricercatore incontra Abdallah e quest’ultimo cerca di incastrarlo con una richiesta di denaro.
Le reticenze del Cairo
Nel proseguire le indagini la Procura del Cairo continua a mostrarsi reticente nell’aiutare l’Italia. Tra le altre cose, agli investigatori italiani viene concesso di interrogare alcuni testimoni solo per pochi minuti, dopo che gli stessi erano già stati interrogati per ore dalla polizia egiziana. Inoltre si scopre che le riprese video delle telecamere installate nella stazione della metro dove Giulio è scomparso sono state cancellate e quindi non più reperibili. Solamente mesi dopo l’inizio delle indagini i Pm egiziani ammetteranno per la prima volta che il ricercatore era stato effettivamente controllato e indagato dalla polizia. Controlli che però non avevano fatto emergere alcuna prova contro il giovane.
La svolta nelle indagini
Nel dicembre scorso arriva la svolta delle indagini italiane. La Procura di Roma iscrive nel registro degli indagati il nome di cinque militari egiziani ritenuti responsabili del sequestro di Regeni. Nei loro confronti il procuratore capo Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco contestano il reato di concorso in sequestro di persona. Un reato commesso, secondo gli inquirenti, in concorso con altri soggetti che restano però ignoti e che era emerso in un’informativa degli agenti del Ros e dello Sco un anno prima. Ma oltre questo risultato i Pm non possono andare: spetta infatti alla diplomazia e alla politica chiedere alla procura del Cairo di perseguire in patria gli assassini di Giulio.
Il braccio di ferro
Il discorso controverso tra Italia e Egitto non è solo giudiziario, ma anche diplomatico. La prima decisione in merito risale all’8 aprile del 2016 quando Roma richiama il proprio ambasciatore al Cairo, lamentando la scarsa collaborazione egiziana nelle indagini. Una decisione che viene poi revocata il 15 agosto del 2017, quando l’Italia nomina un nuovo ambasciatore e i rapporti diplomatici riprendono tra le polemiche dei genitori di Giulio e dei loro sostenitori. Rapporti che sono continuati e persistono, nonostante gli appelli di chi chiede “verità per Giulio”.
Le manifestazioni
“Tre anni senza Giulio” è la manifestazione dedicata da Amnesty International, Federazione Nazionale della Stampa, Articolo 21, associazione dei Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani al giovane ricercatore italiano Giulio Regeni, in occasione dell’anniversario della scomparsa
A Siracusa la manifestazione si è svolta a Ortigia, Largo XXV luglio (davanti al Tempio di Apollo), organizzata dal Gruppo Italia 85 di Amnesty International, con la partecipazione della cittadinanza per testimoniare la richiesta di verità sul caso specifico di sparizione-tortura-uccisione e su tutti gli altri riguardanti cittadini egiziani, vittime della stessa tragica sequenza. In serata una fiaccolata ha illuminato 150 piazze, scuole e Università italiane.