CASERTA – Greenpeace e ReCommon fanno causa all’Eni, il più grande colosso italiano nel campo energetico, e allo Stato italiano. La citazione in giudizio è stata supportata anche da 12 cittadini italiani.
“Faccio causa a Eni e alle realtà statali che la controllano perché le loro strategie non rispettano gli accordi di Parigi in termini di emissioni di CO2 – dichiara Vanni, uno dei cittadini che ha fatto partire la causa civile nei confronti di Eni – L’operato di Eni contribuisce ad aggravare notevolmente la crisi climatica, con conseguenze sempre peggiori per me e per il mio territorio, il Polesine. Nei pressi del Delta del Po, il mare avanzerà sempre di più nelle nostre terre, e con la risalita del cuneo salino rischiamo di trovarci a vivere in un vero e proprio deserto o di essere costretti abbandonare la nostra casa e la nostra terra”.
“La Regione in cui vivo, il Piemonte, subisce già oggi gli effetti di una drammatica siccità, come dimostra il bassissimo livello delle precipitazioni registrato quest’inverno” racconta invece Rachele.
In particolare, le associazioni ritengono che l’attuale strategia di decarbonizzazione della multinazionale sia “palesemente in violazione degli impegni presi in sede internazionale dal governo italiano e dalla stessa società”.
I ricorrenti fanno leva su un precedente favorevole. Nel 2021, infatti il tribunale internazionale dell’Aja ha condannato il colosso petrolifero anglo-olandese Shell a ridurre drasticamente le proprie emissioni di anidride carbonica. Il processo è ancora in corso, la multinazionale, che non ha esitato a etichettare il processo come “politico” ha fatto appello alla sentenza sfavorevole ma quella sentenza ha rappresentato per molti una svolta storica.
La richiesta delle associazioni e dei cittadini è che siano quantificati in termini economici i danni e le violazione ai diritti umani alla vita, alla salute e a una vita familiare indisturbata nonché che Eni riveda la propria strategia industriale con lo scopo di ridurre, di almeno il 45% rispetto al 2020, le emissioni causate dalle sue attività. Ma la richiesta di condanna non riguarda soltanto l’Eni. Le associazioni hanno citato in giudizio anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Lo Stato italiano è il principale azionista del colosso energetico.
Il contenimento e la riduzione delle emissioni inquinanti sono fondamentali per mantenere l’aumento medio della temperatura entro i limiti di 1,5 gradi centigradi.
In questo modo, le conseguenze dovute al riscaldamento climatico potranno essere ancora controllabili. Se invece dovesse essere superata quella soglia, le ripercussioni potrebbero essere drammatiche, non per il pianeta, ma per il futuro dell’umanità. Il ricorso è stato presentato presso il tribunale di Roma, ora ai giudici l’ultima parola.
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