Glifosato: studio pro-Monsanto ritirato dopo 25 anni

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Integrità scientifica
Integrità scientifica

Uno studio scientifico del 2000, considerato per 25 anni una pietra miliare sulla sicurezza del glifosato, è stato ritirato dalla stessa rivista che lo aveva pubblicato, la “Regulatory Toxicology and Pharmacology”. L’articolo, intitolato “Valutazione della sicurezza e valutazione del rischio del Roundup […] per gli esseri umani”, sosteneva che il popolare erbicida non comportasse rischi di cancro né effetti negativi sul sistema riproduttivo ed endocrino.

Questa ricerca ha avuto un’enorme influenza nel dibattito scientifico e pubblico, diventando uno dei testi più citati per affermare l’innocuità del glifosato. Le sue conclusioni rassicuranti sono state prese come punto di riferimento da numerose analisi successive, consolidando la sua reputazione e il suo impatto sulle decisioni regolatorie a livello globale.

La decisione di ritirare l’articolo è maturata a seguito di gravi dubbi sulla sua integrità accademica e su un potenziale conflitto di interessi. Secondo il caporedattore della rivista, Martin van Den Berg, esistono prove che suggeriscono un coinvolgimento diretto di Monsanto, l’azienda produttrice dell’erbicida Roundup a base di glifosato, ora di proprietà di Bayer. Corrispondenza interna emersa durante un contenzioso indica che dipendenti Monsanto potrebbero aver contribuito alla stesura del testo (ghostwriting) senza essere citati e che gli autori potrebbero aver ricevuto compensi finanziari dall’azienda.

Le fondamenta scientifiche dello studio sono state inoltre giudicate fragili. Gli autori basarono le loro conclusioni sulla non cancerogenicità del glifosato quasi esclusivamente su studi interni non pubblicati, condotti dalla stessa Monsanto. Al contempo, hanno ignorato diverse ricerche sulla tossicità e carcinogenicità del prodotto già disponibili e pubblicate negli anni Novanta. Gary M. Williams, unico autore ancora in vita, non ha fornito chiarimenti in merito alle contestazioni.

L’impatto di questa pubblicazione inaffidabile è stato profondo, specialmente sulle valutazioni normative dell’Unione Europea. Lo studio è stato citato per anni in dossier ufficiali, consultazioni pubbliche e documenti tecnici come prova della sicurezza del glifosato, influenzando le decisioni delle agenzie regolatorie.

La gravità della situazione emerge con forza se si considera che l’UE ha rinnovato l’autorizzazione all’uso del glifosato nel 2017 e, più recentemente, nel 2023 per altri dieci anni. Queste decisioni si sono basate su valutazioni che, direttamente o indirettamente, facevano riferimento anche a questo lavoro ora dichiarato inattendibile.

La vicenda riaccende il dibattito sulla pericolosità della sostanza. Già nel 2015, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) aveva classificato il glifosato come “probabile cancerogeno per l’uomo” (Gruppo 2A). Altri enti come ECHA ed EFSA hanno fornito valutazioni meno allarmistiche, pur raccomandando misure precauzionali. Rimangono inoltre preoccupazioni per i danni all’ecosistema, inclusi suolo, api e biodiversità.

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