Milano – Dopo altri giganti come Facebook e Yahoo, anche Google finisce al centro di uno scandalo per non aver protetto la privacy dei suoi utenti. Un bug di Google+ nel mese di marzo avrebbe messo a rischio i dati privati degli account di 500mila utenti.
Lo ha confermato la società, annunciando una serie di modifiche alla privacy e il blocco del servizio di Google+, dopo una denuncia del Wall Street Journal. Il quotidiano finanziario ha riportato per primo la notizia e ha affermato che i massimi dirigenti della compagnia avrebbero coperto l’incidente per timore di un intervento da parte delle autorità di regolamentazione.
La società ha dichiarato al Wsj di non aver rivelato l’incidente
Google non è stata in grado di identificare con precisione gli utenti interessati. Inoltre non sarebbe stato possibile trovare prove di abusi.
Il bug, infatti, ha colpito la piattaforma degli sviluppatori di Google sul suo social network, rendendo disponibili dati come nome dell’utente, indirizzo email, professione, sesso ed età.
Passo falso inusuale per Google
Le informazioni a cui si poteva accedere non includevano post, messaggi o numeri di telefono, e non ci sarebbero prove del fatto che i dati siano stati consultati o utilizzati impropriamente.
Si tratta comunque di un passo falso inusuale per Google, che finora ha in gran parte evitato gli scandali legati al mancato rispetto privacy che hanno colpito gli altri social media, a partire da Facebook.
Motivando la drastica decisione di chiudere Google+, un portavoce di Mountain View ha citato “le sfide significative nella creazione e nel mantenimento di un Google+ di successo, che soddisfi le aspettative dei consumatori” insieme a “un utilizzo molto basso” come motivazione del trasferimento. “Ogni anno inviamo milioni di notifiche agli utenti su problemi relativi alla privacy e alla sicurezza“, ha detto un portavoce di Google.
“Ogni volta che i dati dell’utente possono essere stati colpiti, andiamo oltre i nostri bisogni legali e applichiamo diversi criteri incentrati sui nostri utenti per determinare se dare un avvertimento“.