ROMA – Più amato all’estero che in patria, Mikahil Gorbacev è ricordato dall’Occidente come un leader brillante e carismatico, protagonista della riduzione degli armamenti nucleari, che rese possibile la fine della Guerra fredda e il crollo del muro di Berlino. Un uomo di pace, che nel 1990 vinse il Premio Nobel per il suo “ruolo guida” nel ridurre le tensioni mondiali. Emblematica la foto scattata durante l’incontro che ebbe con l’allora presidente statunitense Ronald Reagan alla Hofdi House di Reykjavik, in Islanda, che aprì la strada allo smantellamento degli euromissili. Ma non sempre le posizioni dell’ultimo leader dell’Unione sovietica sono state condivise dall’Occidente, come ad esempio il suo sostegno all’annessione russa della Crimea.
Salito al potere nel 1985, all’età di 54 anni, Gorbaciov, nello stesso anno, incontrò per la prima volta Reagan a Ginevra, in un momento di forti tensioni tra Usa e Urss. Il successivo bilaterale in Islanda, che si tenne a ottobre del 1986, dopo il disastro di Chernobyl, per porre fine all’eccessiva corsa agli armamenti, sembrò finire in un nulla di fatto ma in realtà si trattò del primo passo verso la fine della Guerra fredda. Proprio quel vertice rese possibile l’anno dopo, nel 1987, la firma del Trattato sui sistemi nucleari intermedi (Inf). Si trattò del primo accordo di disarmo nucleare che prevedeva l’eliminazione di tutti i sistemi missilistici balistici e da crociera dislocati su basi terrestri e aventi portata compresa tra 500 e 5500 km. A metà del 1990, il numero totale dei missili eliminati, a fronte di quelli da eliminare, risultava di 486 su 846 per gli Usa e di 1615 su 1846 per l’Unione Sovietica. Il trattato ha avuto una vita di oltre trent’anni, fino al 2019, quando il presidente Donald Trump ritirò unilateralmente gli Usa dall’accordo. Mosca ne uscì poco dopo.
Gli incontri che Gorbaciov ebbe con il successivo presidente Usa George H.W. Bush facilitarono poi la firma del noto Trattato START sulla riduzione delle armi strategiche. L’accordo prevedeva la riduzione di circa il 30% dei sistemi nucleari strategici in dotazione alle due superpotenze. Nel 2010, in sostituzione dello START, scaduto nel 2009, Russia e Stati Uniti hanno firmato il New START, che ha introdotto dei nuovi meccanismi di verifica sul rispetto delle misure. Si tratta, con la fine dell’Inf, dell’ultimo grande accordo di controllo degli armamenti rimasto tra Usa e Russia. Le attuali tensioni tra Washington e Mosca hanno provocato il timore che il trattato non venga rinnovato. Nel più recente intervento sul tema il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha parlato di “segnali” e non ancora di “progressi” sulla ripresa dei negoziati per estendere il New Start.
Il ricordo di Gorbaciov è però ben diverso in Russia rispetto all’Occidente. Il leader viene ritenuto da molti connazionali il responsabile del crollo dell’Unione sovietica e della fine dell’Urss come superpotenza. A dimostrazione di questo, quando si candidò alla presidenza nel 1996 ottenne meno dell’1% dei voti. Molti ritengono che proprio la sua politica distesa nei confronti dell’Occidente abbia favorito l’ascesa di una figura come Vladimir Putin, considerato un ‘uomo forte’. Il rapporto tra Putin e Gorbaciov è stato segnato da alti e bassi, critiche e lodi. E le posizioni dell’ultimo leader dell’Unione sovietica non sempre sono state condivise dall’Occidente. Gorbaciov venne bandito dall’Ucraina per cinque anni dopo aver detto di sostenere l’annessione della Crimea da parte della Russia. Ma negli ultimi anni ha denunciato gli eccessi di Putin e ha lanciato avvertimenti del pericolo del crollo delle relazioni tra le due potenze nucleari. “Bisogna fare quanto possibile per fermare la minaccia di una guerra nucleare”, avrebbe detto al Premio Nobel per la pace, il giornalista Dmitry Muratov, nel giorno del suo 91esimo compleanno.
di Lucrezia Clemente