ROMA – Dopo aver incassato l’intesa sul ddl concorrenza e la delega fiscale, Mario Draghi prova a premere il piede sull’acceleratore anche sulla giustizia. L’alert del premier assume ancora i toni del messaggio in bottiglia, senza la drammatizzazione (vedi la convocazione del Cdm straordinario) utilizzata nei giorni scorsi per sbloccare l’impasse sui dossier legati ai fondi del Pnrr.
“Gli italiani si aspettano dalla magistratura decisioni giuste e prevedibili, in tempi brevi – dice l’inquilino di palazzo Chigi in un messaggio di saluto inviato a un convegno sulla riforma Cartabia – Gli stessi magistrati hanno bisogno di una riforma che rafforzi la loro credibilità e terzietà – è la sottolineatura – Questi sono i principi alla base della riforma del Governo, che auspico possa essere completata con prontezza”.
Il ddl che interviene sull’ordinamento giudiziario e sul Csm è attualmente all’esame della seconda commissione di palazzo Madama e, nonostante l’accordo di maggioranza siglato alla Camera prima del complicato percorso di approvazione, sono 264 gli emendamenti presentati dalle forze politiche e provengono anche (e soprattutto) dai partiti che sostengono il Governo. In particolare sono 60 le proposte di modifica sottoscritte dalla Lega, 86 quelle di Iv, 8 quelle firmate dal M5S, 4 da FI, 4 dalle Autonomie e 8 da Leu.
In quota opposizione sono 92 gli emendamenti presentati da FdI, 1 da Cal e 1 a firma Giarrusso. Il Carroccio ribadisce di voler lavorare “con spirito assolutamente costruttivo e collaborativo, per migliorare la riforma”. Alcuni emendamenti, spiega Giulia Bongiorno, “coincidono con i nostri temi referendari, e quindi ovviamente sulla separazione delle carriere come primo obiettivo”. Insiste invece sul metodo di elezione del Csm e sulla ricollocazione dei magistrati candidati ed eletti, di quelli candidati e non eletti, e dei magistrati messi fuori ruolo, invece, Iv.
Leghisti e renziani puntano a modificare il testo in virtù dei diversi rapporti di forza tra i partiti che ci sono al Senato, rendendo necessaria una terza lettura e, di fatto, l’impossibilità di votare i componenti del plenum di palazzo dei Marescialli con le nuove regole. Il tutto, in attesa dell’appuntamento referendario fissato per il 12 giugno. Raggiungere io quorum, secondo le previsioni, non sarà semplice. “Si fa ostruzionismo sulla comunicazione, non se ne parla”, accusa il ministro del Carroccio Massimo Garavaglia, mentre la Lega annuncia mille gazebo nelle piazze italiane per promuovere il sì ai quesiti.
Non solo giustizia, però. Se, infatti, per Draghi “l’orizzonte” del Governo “si schiarisce sensibilmente” dopo gli accordi raggiunti, le grane in Parlamento non sono finite. Sulla delega fiscale, infatti, è Leu – fin qui forza che ha sostenuto il Governo senza distinguo o eccezioni – a smarcarsi. “L’accordo raggiunto ieri – dice chiaro la sottosegretaria al Mef Maria Cecilia Guerra – ha fatto anche emergere le forti differenze nella visione del fisco che attraversano questa maggioranza così composita”.
Nel mirino della responsabile economica del partito di Roberto Speranza finisce l’articolo 2 della delega che riguarda l’Irpef. “Dopo l’ultimo compromesso voluto dal centrodestra – spiega Guerra – conferma di fatto lo status quo, cristallizzando tutte le ingiustizie che caratterizzano il nostro sistema fiscale, in primo luogo quello di una progressività che colpisce ormai solo i redditi di dipendenti e pensionati. Su questo articolo – sentenzia – Leu non può dare e non darà il suo assenso”.
Il provvedimento riprenderà il suo iter in commissione Finanze alla Camera a partire dal 13 giugno ed è atteso in aula per il 20. Lunedì, invece, arriverà all’esame dell’assemblea del Senato il ddl concorrenza, dopo l’accordo raggiunto sui balneari. Il primo ok di palazzo Madama segnerà di fatto l’inizio della pausa dei lavori parlamentari in vista delle Amministrative. Dopo il voto, poi, a partire dal 30 giugno, arriverà nell’Aula di Montecitorio il Dl Aiuti. In questo caso è il M5S che annuncia battaglia, intendendo modificare la norma per il termovalorizzatore di Roma.(LaPresse)