ROMA – La foto della scrivania, lasciata vuota, a viale Trastevere, dove restano soltanto le bandiere, italiana ed europea, e i cartelloni ricevuti in dono dai bambini. Lorenzo Fioramonti se ne va. “La sera del 23 dicembre – scrive su Facebook confermando quanto emerso nelle ultime ore – ho inviato al Presidente del Consiglio la lettera formale con cui rassegno le dimissioni da Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca”.
Il parlamentare pentastellato rivendica i “risultati importanti” raggiunti in questi mesi, ma ribadisce quanto detto da tempo, sin da prima del suo giuramento da ministro al Quirinale: “Sarebbe servito più coraggio da parte del Governo – l’accusa – Pare che le risorse non si trovino mai quando si tratta della scuola e della ricerca, eppure si recuperano centinaia di milioni di euro in poche ore da destinare ad altre finalità quando c’è la volontà politica”.
Il passo indietro di Fioramonti era atteso dal resto della squadra.
Giuseppe Conte avrebbe in più di un’occasione provato a far desistere il ministro, ma in nome della “coerenza” rivendicata in più occasioni il titolare di viale Trastevere ha insistito per il passo indietro. A candidarsi quale suo sostituto ci sarebbe l’attuale presidente della commissione Antimafia Nicola Morra, già nel totonomi per viale Trastevere lo scorso agosto. In ballo anche la possibile promozione dell’attuale sottosegretaria al Miur Lucia Azzolina, anche se all’interno del Movimento non tutti gradiscono la sua candidatura “troppo vicina alle posizioni del Pd”. In un colloquio con il presidente della Repubblica, Conte avrebbe confermato la volontà di proporre al più presto al Colle un nome.
Fioramonti, in ogni caso, assicura il suo sostegno al Governo. Non solo.
Sempre più insistente è la voce che prevede la nascita, attorno alla sua figura, almeno alla Camera, di un gruppo parlamentare a sostegno del premier e di natura spiccatamente ‘green’. “Come diceva Gianni Rodari, dobbiamo imparare a fare le cose difficili. Perché a volte bisogna fare un passo indietro per farne due in avanti”, si limita a dire lui, sibillino. I rumors di palazzo accreditano al suo fianco una decina di parlamentari, compresi alcuni ex grillini pronti ad aggregarsi. In procinto di dire addio al M5S ci sarebbero, tra gli altri, Angiola, Rospi, Rossini, Cataldi, De Toma. “Basta andare a vedere chi non rendiconta più, a partire da Fioramonti – spiegano gli ortodossi – è da tutto il 2019 che non restituisce nulla”.
” La reazione dello stato maggiore M5S all’addio del ministro, “noto da 15 giorni”, è gelida. “Il governo è al lavoro per migliorare la scuola, l’istruzione e sostenere la ricerca. Guardiamo avanti, c’è piena fiducia nel premier Conte per individuare un nuovo ministro dell’istruzione, la scuola non può aspettare”, è la velina fatta filtrare, che non nomina nemmeno il diretto interessato. Non lo fa nemmeno la collega Fabiana Dadone, che però lancia un attacco preciso: “Trovo stucchevole che chi professi coraggio agli elettori poi scappi dalle responsabilità politiche.
Se hai coraggio, non scappi – scrive su facebook – Il coraggio in politica è anche ammettere che non si è in grado di governare, è saper chiedere scusa se non si ha più coraggio. Il resto non è certamente coraggio, sono scuse, incapacità, protagonismo, gossip”.
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” Anche da Iv i toni riservati agli alleati non sono certo gentili. “La vicenda Fioramonti dice che questo governo perde i ministri come le foglie d’autunno di un albero. La sua credibilità è ridotta a zero”, dice Giacomo Portas che ha già negato la fiducia ai giallorossi. “Fioramonti si dimette perché servono più risorse per la scuola e la ricerca. Noi di Italia Viva siamo stati i soli in maggioranza a dirlo: in manovra andavano traferiti fondi da reddito di cittadinanza e quota 100”, attacca Davide Faraone, aprendo un (nuovo) fronte d’inverno.
di Nadia Pietrafitta (LaPresse)