Giorgia Meloni ‘sfonda il tetto di cristallo’ diventando la prima presidente del Consiglio donna, ma la strada per la parità della rappresentanza femminile nella politica italiana appare ancora lunga e di certo non in discesa. A partire dai numeri del nuovo esecutivo: dei 24 ministri che compongono il nuovo governo di centrodestra, fresco di giuramento, solo 6 – quindi una su quattro – è donna. Di queste, solo la metà è a capo di un ministero con portafoglio: si tratta di Marina Elvira Calderone (Lavoro e politiche sociali), Annamaria Bernini (Università) e Daniela Santanché (Turismo). Senza portafoglio, invece, i dicasteri affidate alle altre tre donne: Riforme istituzionali (Maria Elisabetta Alberti Casellati), Disabilità (Alessandra Locatelli), Famiglia, natalità e pari opportunità (Eugenia Maria Roccella). Aver espresso il primo presidente del Consiglio donna è un “orgoglio” e “un vanto internazionale” per la destra italiana, esultano da Fratelli d’Italia, partito di cui Meloni è anche leader. Ma che il panorama politico sia ancora di dominio maschile lo dimostra la percentuale di donne elette nel nuovo Parlamento uscito dal voto del 25 settembre: solo il 33%, un dato ancora più basso che nella precedente legislatura, quando la ‘quota rosa’ delle parlamentari era al 35%. La rappresentazione plastica della ‘donna sola’ al comando si rivela anche nell’immagine della delegazione del centrodestra all’uscita delle consultazioni con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: Meloni annuncia di aver ricevuto l’incarico affiancata dagli altri due leader della coalizione, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, e con alle spalle uno stuolo di soli uomini (unica altra presenza femminile è la capogruppo di Forza Italia al Senato, Licia Ronzulli). E non va certo meglio all’opposizione: nel Pd molte esponenti del partito chiedono che il tema della scarsa rappresentanza femminile diventi tema del prossimo Congresso annunciato dal segretario Enrico Letta. “Una donna presidente del Consiglio significa poter dire a tutte le bambine che si può fare. Che sia quella donna, la più distante dalle nostre idee, non toglie nulla al valore di questo fatto storico. Anzi, ci responsabilizza nel fare di più perché sia possibile anche a sinistra”, twitta oggi Anna Ascani, esponente dem e vicepresidente della Camera. Nella storia repubblicana, poi, si contano letteralmente sulle dita di una mano, le donne arrivate ai vertici delle istituzioni. Tra i simboli resta Nilde Iotti. Prima donna a ricoprire la carica di presidente della Camera (fu eletta per tre volte consecutive e il suo mandato durò quasi 13 anni, il più lungo in assoluto), Iotti fu membro dell’Assemblea Costituente ed entrò in Parlamento già nel 1948, stesso anno in cui Lina Merlin prima senatrice. Bisognerà aspettare invece il 1976 per vedere una donna ricoprire il ruolo di ministro in Italia: fu Tina Anselmi, chiamata da Giulio Andreotti a guidare il dicastero del Lavoro e – due anni dopo – quello della Sanità. Nel 1994 a ricoprire la terza carica dello Stato è Irene Pivetti, che a 31 anni diventa il più giovane presidente della Camera della storia. Solo nel 2018, infine, una donna raggiunge lo scranno più alto di Palazzo Madama: Maria Elisabetta Alberti Casellati, come Pivetti espressione del centrodestra.
(Silvia Egiziano/LaPresse)