“Sono sempre ottimista io, mi ha portato fin qui”. Poche parole a rompere il muro di silenzio alzato dopo lo storico successo alle elezioni. Dopo un’intera giornata trascorsa con i suoi collaboratori ad approfondire i dossier su caro energia e approvvigionamento energetico, anche alla luce dei recenti sviluppi in ambito internazionale, Giorgia Meloni si lascia scappare appena una battuta mentre lascia la Camera. Chi ha avuto modo di vederla nelle ultime ore la descrive come stanca ma molto contenta per l’obiettivo raggiunto, e soprattutto consapevole della responsabilità che ha sulle spalle.
Responsabilità che la portano a non voler sbagliare niente. E così la leader di Fratelli d’Italia prosegue nel solco del basso profilo, senza sbottonarsi sull’incontro di un’ora avuto negli uffici del gruppo a Montecitorio col segretario della Lega, Matteo Salvini. Niente nemmeno sulla squadra di governo che sta costruendo assieme agli alleati. Anzi, la linea che emerge all’indomani dell’incontro nella sede del partito con il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani, e di quello col Capitano leghista è che “non si è parlato di nomi, incarichi, attribuzioni di deleghe né separazioni di ministeri”.
Concetto espresso anche da Salvini in un video in cui afferma che la coalizione è impegnata “non sulle poltrone, sui nomi e i ministeri, ma sulle emergenze vere” che sono caro bollette, sicurezza, qualità della vita, degli stipendi e del lavoro.
Insomma, poche parole, nessuna anticipazione, e testa alle priorità del paese. Un mood che traspare chiaro al termine del faccia a faccia tra i due leader. Ci pensa un comunicato congiunto a sottolineare il “clima di grande collaborazione e unità di intenti”. Un tasto questo su cui Meloni batte su Twitter già dal mattino, prima di arrivare alla Camera dribblando le domande dei cronisti (“non ho dichiarazioni da fare”).
Nel mirino della leader dei conservatori le ricostruzioni giornalistiche riguardanti presunti veti messi proprio sulla presenza di Salvini nel futuro governo: “Trovo abbastanza surreale che certa stampa inventi di sana pianta miei virgolettati, pubblicando ricostruzioni del tutto arbitrarie – il cinguettio -. Si mettano l’anima in pace: il centrodestra unito ha vinto le elezioni ed è pronto a governare. Basta mistificazioni”. Quella della Meloni non è però l’unica precisazione di giornata. Palazzo Chigi infatti smentisce la tesi e il contenuto dell’articolo ‘Kiev e conti pubblici, contatti di Draghi con l’Ue – ‘Meloni starà ai patti’ pubblicato su Repubblica.
“Il Presidente del Consiglio non ha stretto alcun patto né ha preso alcun impegno a garantire alcunché – viene assicurato -. Il Presidente del Consiglio mantiene regolari contatti con gli interlocutori internazionali per discutere dei principali dossier in agenda e resta impegnato a permettere una transizione ordinata, nell’ambito dei corretti rapporti istituzionali”. Rapporti che gioco-forza nel centrodestra verteranno a breve su come disegnare il prossimo esecutivo tra figure politiche e tecniche, soprattutto per quanto riguarda quattro ministeri chiave, sotto il faro del Quirinale, ovvero Economia, Esteri, Interno e Difesa. Quest’ultimo dicastero continua ad essere accostato a Guido Crosetto, che potrebbe però anche ricoprire un incarico in una partecipata.
Ai servizi potrebbe poi andare l’ultimo presidente del Copasir, Adolfo Urso. Per uno dei posti da sottosegretario alla presidenza del Consiglio si fa insistentemente il nome di un altro fedelissimo della Meloni, Giovanbattista Fazzolari. Certo, da sciogliere resta sempre il nodo Viminale, con Salvini che continua a reclamarlo per sé. Via social il Capitano spiega che “ci vuole qualcuno che torni a difendere e proteggere confini, leggi, forze dell’ordine e sicurezza in Italia. Qualche idea ce l’abbiamo”.
Le quotazioni, tuttavia, sono ancora alte per una figura terza come il prefetto Matteo Piantedosi, mentre per la Farnesina sale il gradimento per Elisabetta Belloni (attualmente a capo del Dis), pur restando in pista l’ambasciatore Stefano Pontecorvo. Per Forza Italia si aprirebbero le porte del dicastero dell’Istruzione e quello delle Politiche Ue, quest’ultimo conteso da Anna Maria Bernini e Raffaele Fitto.
Il problema potrebbe sorgere sul dicastero degli Affari regionali – che nel cassetto il dossier Autonomia – che la Lega del Veneto ha oggi rivendicato. Una sorta di desiderata che gli alleati hanno consegnato, da capire se coincideranno con quelle della Meloni, che trascorre l’intera giornata a Montecitorio assieme ai fedelissimi, tra cui il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida e il responsabile dell’organizzazione Giovanni Donzelli, e ricevendo anche la visita di Nunzia De Girolamo, ex parlamentare di Forza Italia ed ex ministra nel governo Letta.(LaPresse)