ROMA – La Lega di Matteo Salvini non ha bisogno di “una ripulita” perché legittimata dagli italiani. Attenzione, però: se si continua “ad insultare e darmi del rompicoglioni le cose si fanno complicate”. La linea del leader del Carroccio è sempre quella di sedersi attorno a un tavolo per discutere, nella convinzione che anche sul Venezuela e sulla Tav “l’accordo tra persone di buon senso si trovi”. E’ evidente, però, che questo ragionamento, a queste condizioni, non si può fare.
Tensioni tra Salvini e Di Battista
La tensione nel governo, già alta, con il ritorno di Alessandro Di Battista, ormai l’ombra di Luigi Di Maio, è schizzata alle stelle. Le parole del pasionario pentastellato (“la Lega ci dovrebbe ringraziare perché l’abbiamo ripulita”, ndr), non vanno giù al titolare dell’Interno, che tra le righe ricorda a Dibba che il Carroccio ha ricevuto milioni di voti, lui no. Il ruolo di Di Battista e i battibecchi a distanza con il leghista, tuttavia, non sono fini a loro stessi. Tra le due anime forti di Lega e M5S la partita è tutta sul filo della propaganda, una sfida che guarda alle europee e che serve solo alla campagna elettorale.
Il governo gialloverde scricchiola sulla Tav
Il governo intanto resta diviso e soprattutto lontano da una soluzione. Sulla Tav oggi è calato l’ultimatum dell’Europa: “Il rischio è che, se i fondi non sono impiegati, possano essere allocati ad altri progetti”. Un avvertimento che non ha scalfito il ministro Toninelli, che in un tweet rassicura: “Tra pochi giorni avrà, come da accordi, tutta la documentazione”. E mentre i 5Stelle restano fermi sulla linea del ‘no’, Salvini sulla Torino-Lione non demorde: “Se i lavori ripartono il primo treno passa nel 2030. Si andrebbe da Milano a Lione in 2 ore e 39 minuti, pensate che cambio della vita”.
Il ‘nodo’ Diciotti
Altra nota dolente il voto in giunta per le Immunità sul caso Diciotti. I pentastellati ancora non hanno preso una decisione, spaccati al loro interno tra chi vede nel ‘sì’ all’autorizzazione a procedere, richiesta dal Tribunale dei ministri, una sorta di difesa dell’identità del Movimento e chi, i cosiddetti governativi, sono pronti sfoderare un ‘no’ che conservi l’esecutivo. Indecisione a cui il leader leghista risponde con un chiaro avvertimento: “Il sì sarebbe un precedente grave” che darebbe a “una parte di magistratura la possibilità di decide cosa la politica può o non può fare”. “E domani – chiosa – potrebbe capitare ad altri ministri”.
La posizione di Salvini sul caso Diciotti
Intanto il capo del Viminale è andato nella sede della Giunta a Sant’Ivo alla Sapienza per visionare gli atti trasmessi da Catania. Al momento non sono arrivate comunicazioni al presidente Gasparri (il ministro ha tempo fino a mercoledì) ma è molto probabile che Salvini consegni semplicemente una memoria ai commissari e si riservi di parlare quando il parere sul caso Diciotti approderà in Aula al Senato.
Il presidente Mattarella striglia il governo
Anche il Venezuela rischia di diventare un grosso punto interrogativo. Il monito del presidente della Repubblica, Mattarella, va sicuramente a favore di una condivisione della risoluzione Ue, con la legittimazione di Guaidò a presidente ad interim. Mentre però la Lega rincara dicendo che “non stiamo facendo una bella figura”, il Movimento difende la sua ‘neutralità’, bloccando di fatto le procedure per nuove elezioni nel Paese.
L’affair Consob
Il cerchio invece sembra essersi chiuso per l’affair Consob. Paolo Savona, secondo indiscrezioni, avrebbe ricevuto l’ok anche del Movimento 5Stelle, mentre Marcello Minenna diventerebbe segretario generale. Per il vicepremier leghista “Savona andrebbe benissimo. La Consob ha un ruolo fondamentale. Mi sentirei garantito, da risparmiatore italiano”. Il problema resta la legge Madia, che comunque obbliga i pensionati a non ricevere incarichi dirigenziali non prima di uno stop di un anno. Impedimento su cui sarebbe a lavoro lo stesso premier Conte e che, assicurano fonti qualificate, sarebbe di rapida soluzione.
(LaPresse/di Donatella Di Nitto)