Benjamin Netanyahu sbarra la porta all’apertura di Hamas su un possibile accordo articolato in tre fasi che favorisca uno scambio tra prigionieri in cambio di una tregua nella Striscia di Gaza. Al termine di una giornata febbrile sul fronte dei negoziati, il premier israeliano si è rivolto alla nazione in conferenza stampa sostenendo che lo Stato ebraico non può arrendersi alle condizioni “deliranti” poste da Hamas che “porterebbero a un altro massacro” come quello del 7 ottobre.
Netanyahu: “Siamo sulla strada per la vittoria”
“Siamo sulla strada per la vittoria completa” e “continueremo sino alla fine”, ha insistito il primo ministro annunciando di aver ordinato all’esercito di “iniziare a operare” nella zona di Rafah. Israele aveva già minacciato di voler estendere l’operazione di terra nella località al confine con l’Egitto nel caso in cui i negoziati fossero falliti, sollevando le preoccupazioni del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che aveva parlato di “conseguenze regionali incalcolabili” in caso di invasione di Rafah.
Hamas: “Vuole continuare il conflitto, noi pronti a tutto”
Sami Abu Zuhri, alto funzionario di Hamas,ha replicato a Netanyahu, bollando le sue parole come una “forma di spavalderia politica” che mostra “l’intenzione di portare avanti il conflitto” nella regione. “Siamo pronti ad affrontare tutte le opzioni”, ha avvertito.
La proposta di Hamas
La proposta di Hamas si articolava in 135 giorni, divisi in tre step da 45. L’Idf avrebbe dovuto interrompere le operazioni e ritirarsi dall’enclave. Contemporaneamente sarebbe avvenuto lo scambio tra ostaggi e prigionieri palestinesi: si sarebbe partiti dai bambini, dalle donne e dai malati per poi passare agli uomini. Al termine le due parti avrebbero dovuto scambiarsi i corpi dei caduti. Israele, in un primo momento, aveva detto di voler valutare la proposta, pur considerando “inaccettabili” alcune delle richieste contenute nella bozza riservandosi di decidere se rigettarle in blocco o aprire una fase negoziale per ottenere delle modifiche. E’ presto per dire se la chiusura di Netanyahu rappresenti la fine delle trattative o se Israele stia cercando semplicemente di ammorbidire le posizioni di Hamas.
Blinken: “C’è ancora molto lavoro da fare”
La comunità internazionale segue con apprensione gli sforzi negoziali di Egitto e Qatar per arrivare a un accordo, nonostante il braccio di ferro in atto tra i due contendenti. Un nuovo round di colloqui dovrebbe svolgersi al Cairo, hanno fatto sapere fonti egiziane. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, dopo aver incontrato Netanyahu e il presidente israeliano Isaac Herzog, ha allontanato i tempi della fumata bianca. Sull’accordo per gli ostaggi, ha spiegato il capo della diplomazia Usa, “c’è ancora molto lavoro da fare, ma siamo concentrati su questo lavoro e speriamo che possa riprendere il rilascio degli ostaggi interrotto mesi fa”. Nella nuova visita in Israele, Blinken avrebbe dovuto vedere anche il capo di stato maggiore dell’Idf, Herzi Halevi, ma il faccia a faccia è saltato per scelta dell’ufficio di Netanyahu, che si è opposto alla possibilità di un incontro tra un diplomatico stranieri e i vertici militari in assenza dei leader eletti.
Dopo i rappresentanti del governo israeliano, Blinken ha visto il presidente dell’Anp, Mahamoud Abbas che ha chiesto a Washington di riconoscere “lo Stato di Palestina”. Ha poi sottolineato la necessità di “fermare immediatamente l’aggressione israeliana” e di accelerare “l’introduzione di aiuti umanitari” a Gaza, dove le vittime palestinesi provocate dagli attacchi israeliani hanno superato quota 27.700. L’operazione dell’Idf dopo essersi a lungo concentrata nel nord dell’enclave ora si è spostata a sud, a Khan Younis, con un occhio puntato su Rafah, nonostante le preoccupazioni di Guterres, dove un razzo avrebbe ucciso il capo delle forze speciali di polizia di Hamas, Majdi Abd al-Aal.
© Copyright LaPresse