CASAPESENNA – Dallo scorso novembre Filippo Capaldo è un uomo libero. Il delfino e nipote di Michele Zagaria ha pagato il suo debito con la giustizia. E’ tornato a Casapesenna, a pochi chilometri da San Marcellino, dove abita ora un altro pezzo da novanta della cosca: Carmine Zagaria. Ma quando è stato in carcere, in Sardegna, secondo la Dia di Napoli, ad occuparsi “della gestione economica del clan” è stato il fratello: Nicola Capaldo , affermano gli investigatori, ha procacciato, insieme all’altro suo germano, Mario, “il denaro di provenienza illecita necessario ad alimentare la cassa familiare”.
Stando alle recenti indagini della Dda, a fornire parte di quei quattrini destinati alla cosca è stata anche la catena Butterfly, fondata da Giuseppe Santoro, arrestato martedì per associazione mafiosa. Negli atti di inchiesta che hanno portato alla cattura del pasticciere e dell’imprenditore Pasquale Fontana, la Dia di Bologna e la Squadra Mobile di Caserta, guidata dal vicequestore Filippo Portoghese, hanno inserito una telefonate avvenuta proprio tra Nicola Capaldo e Santoro. La conversazione risale al 14 marzo 2015: il fratello del boss contattò il pasticciere dopo un’attività ispettiva dei carabinieri del Nas presso la società Butterfly Srls.
Durante la conversazione Capaldo chiede un incontro a Santoro. Secondo gli investigatori quella richiesta era tesa “a conoscere le motivazioni e l’esito del controllo dei militari”. Il nipote di Zagaria, con quel contatto, avrebbe mostrato di avere a cuore l’attività commerciale di Santoro che, per l’Antimafia era stata finanziata con i soldi della cosca di Casapesenna.