E’ dai tempi di Palmiro Togliatti che i militanti del partito comunista e della sinistra in generale, rivendicano una peculiarità, intesa come elemento distintivo: la diversità e superiorità morale. Tuttavia la Storia, quella vera raccontata dai professionisti, non dai propagandisti e neppure dagli intellettuali organici al Pci, ha rivelato che anche in quel periodo anche tra i “falce e martello” si predicava il sublime e si praticava il mediocre. Per capirci: il sostegno finanziario dell’ex PCUS, il partito comunista sovietico, non mancò mai ai comunisti di casa nostra, come evidenziato nei fascicoli spuntati fuori dagli archivi di Mosca dopo la dissoluzione dell’Urss.
Un sistema di finanziamento “illegale” gelosamente custodito a Botteghe Oscure, anche perché durissima era, in quegli anni, la lotta politica di facciata che i compagni conducevano contro i partiti di governo. Insomma, la diversità morale all’atto pratico era farlocca. Una storia, quella della doppiezza morale comunista, nata col ritorno in Italia di Palmiro Togliatti, detto “il Migliore”, per anni ai vertici del Komintern, secondo solo a Stalin, di cui approvò e condivise le scelte più criminali, compresa quella di passare per le armi tutti coloro i quali non si erano allineati alle tesi egemoni del partito marxista sovietico. Furono migliaia i “comunisti” riparati in Unione Sovietica da ogni parte d’Europa per sottrarsi alla persecuzione nazi-fascista passati per le armi. Ritornato in Patria, Togliatti portò con se la dottrina dell’egemonia proletaria e con essa la perfidia di definire morali tutti gli scopi, anche quelli impliciti, che potevano favorire la presa del potere.
Una teoria che per decenni ha fatto proseliti. Ancorché finito il comunismo ed i suoi presupposti socio economici, trasformato il vecchio Pci in Pds, Ds e Pd, quest’ultimo inglobando anche altre forze politiche, l’idea della doppia morale non è stata del tutto accantonata. Sono decine, infatti, gli esempi che si possono fare, a cominciare da quelle proposte legislative che hanno alimentato l’idea che la magistratura dovesse godere, oltre che dell’autonomia, anche dell’impunità per gli errori commessi, arando in tal modo il campo ad un’era di giustizialismo sommario in stile “tribunali del popolo”.
Di recente il caso Palamara ha anche messo a nudo un preciso e continuativo legame tra talune aree del potere giudiziario e la sinistra stessa. Cancellate tutte le guarentigie per la classe politica in nome del moralismo, si è sistematicamente aperta la strada alla subalternità della politica nei confronti delle toghe, soprattutto quelle inquirenti. La lotta politica a mezzo dell’uso strumentale della magistratura, è diventata una delle conseguenze della doppia morale: un espediente surrettizio per eliminare gli avversari a mezzo di provvedimenti “legali”. Oltre che nel campo giudiziario, la doppia morale è stata particolarmente utile nel campo dei cosiddetti diritti civili, ovvero di quei nuovi diritti che, reclamati in nome della libertà, presuppongono il raggiungimento di altre finalità.
È di questi giorni un ulteriore esempio che riguarda gli omosessuali. In nome della libertà e dei diritti di questi ultimi a poter vivere serenamente nella società, è stato proposto un decreto legge (il Ddl Zan) che inasprisce le pene per i reati di omofobia. A ben vedere però non si tratta solo di implementare le condanne quanto di inserire una serie di limiti e di obblighi dal chiaro sapore liberticida. Lo scopo infatti non è solo quello di criminalizzare gli episodi di qualsivoglia azione omofoba, ma anche di intimorire e colpire con sanzioni tutti coloro i quali hanno l’ardire di esprimere opinioni diverse sull’argomento. Rispolverando la vecchia teoria della doppiezza morale, in nome di un’ulteriore, pleonastica, tutela per gli omosessuali, si allargano la casistica ed i precetti verso tutti quelli che esprimono opinioni divergenti. Il punto d’inganno nella legge sta nella parola “discriminazione” che fa scattare una lunga serie di pene: dalla galera al coprifuoco con reclusione serale, sospensione patente e passaporto, divieto di partecipare a qualsiasi manifestazione di propaganda politica, all’affidamento ai servizi sociali presso le associazioni LGBT (!!). Insomma la cancellazione dei diritti civili.
Per discriminazione quindi deve intendersi anche l’atteggiamento o l’opinione di chi non sia d’accordo sui matrimoni gay, sull’adozione dei bambini da parte di coppie omosessuali, oppure sulla teoria gender è così via. Se queste opinioni sono ritenute discriminanti allora scatteranno i rigori di legge. Insomma ben altro che la sola maggiore pena per i reati di odio. La gente deve sapere che ci troveremo ancora una volta innanzi ad un tentativo di doppiezza: un tentativo di piegare attraverso la legge chi si sente diverso dai diversi.