NAPOLI – Il mondo della scuola in sciopero contro il governo Draghi che nonostante promesse e proclami ignora le richieste dei docenti e sembra non voler comprendere le esigenze di quella categoria di lavoratori della pubblica amministrazione sempre più penalizzata. La classe politica lamenta i presunti danni fatti dal reddito di cittadinanza che, stando alla narrazione di alcuni, produce fannulloni che declinano le offerte di lavori sottopagati in aziende o come stagionali, ma poco racconta dello Stato che paga sempre poco i docenti. La protesta di ieri a Roma è stata organizzata, non a caso, per chiedere il rinnovo del contratto nazionale e maggiori investimenti. I docenti italiani guadagnano in media tra i 350 e i 400 euro in meno dei colleghi degli altri Paesi europei. e l’aumento previsto nella nuova finanziaria di circa 85 euro rappresenta una presa in giro oltre che una miseria. “Una cifra che non solo non aggancia gli stipendi italiani a quelli europei – ha evidenziato la deputata di Leu e dirigente sindacale della Gilda Rina Valeria De Lorenzo – ma rischia di far sprofondare i docenti nella categoria dei nuovi poveri. Si continua a parlare di scuola come pilastro essenziale per la tenuta sociale e democratica del nostro Paese e si ritiene che in alcune realtà rappresenti un presidio di legalità e contrasto ad ogni forma di illegalità. Ma nulla è stato fatto né sul fronte del rinnovo del contratto nazionale, né in merito allo sdoppiamento delle classi pollaio”. Tutto questo, nota De Lorenzo, “nonostante gli impegni assunti da tutti i governi che si sono succeduti. Eppure i docenti hanno risposto in massa durante la pandemia, dimostrando un alto senso di responsabilità, sottoponendosi per primi alla vaccinazione, sobbarcandosi la didattica a distanza utilizzando, strumentazioni proprie e ricorrendo a metodologie didattiche per le quali non c’era mai stato un percorso di formazione prima. A loro sono stati chiesti degli sforzi non comuni e il senso di responsabilità lo hanno dimostrato concretamente”. Insomma i professionisti dell’istruzione sono scesi in piazza per chiedere che la propria professionalità venga riconosciuta.
Quanto allo sciopero, “non si può ridimensionare questo strumento di lotta per i lavoratori. La legge di Bilancio ha previsto, su 33 miliardi della manovra, soltanto 210 milioni per la valorizzazione degli insegnanti, che tradotto significa circa dieci euro lordi mensili in più, una miseria. Nel Pnrr sono previsti finanziamenti importanti per l’edilizia scolastica, ma la scuola non è solo un edificio bensì quella comunità da cui dipendono la formazione e il futuro delle nuove generazioni”. E la riduzione delle classi “non viene garantita dall’organico Covid del tutto insufficiente”. A questo si unisce il diritto alla disconnessione previsto dalla legge ma non applicato minato anche dall’abuso dei social e della messaggistica istantanea.