Mercoledì 11 dicembre, a Villa Di Donato a Napoli, per il secondo appuntamento con Sant’ Eframo Jazz Club, sarà la volta dei Sax Maniacs, ovvero: un trio di saxofoni a basso impatto ambientale…
Formatosi nei primi anni ’90, il trio, è una formazione stabile, nonostante i suoi componenti siano impegnati in vari progetti.
La band si è esibita nel corso di più di 20 anni in club e festival in tutta Italia, la formazione originale composta dai fratelli Peppe e Gianni D’Argenzio rispettivamente al sax alto e al sax tenore, Gianni Taglialatela al sax baritono, con l’aggiunta di Luciano De Fortuna alle percussioni.
I sax Maniacs, vantano diverse collaborazioni come quella del 1991 con Jean Louis Chautemps – (6 agosto 1931 – 25 maggio 2022 Parigi) – sassofonista fondamentale della scena jazz francese, che ha suonato con leggende come Sidney Bechet, Django Reinhardt, Zoot Sims, Lester Young, Bobby Jaspar, Albert Ayler e Roy Eldridge.
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Il quartetto ha spesso collaborato con gli Avion Travel, e ha partecipato alla maratona del Jazz Italiano che si è tenuta L’Aquila, lo scorso settembre.
La formazione si distingue per gli “head arrangements”, cioè arrangiamenti per lo più creati suonando o partendo da piccoli spunti organizzati e mandati a memoria.
Jazz, ma anche incursioni nel pop, nel rock, nel funky e nel blues, musica tramandata oralmente che garantisce spontaneità, imprevisti, qualche rischio e molte sorprese.
In occasione del loro concerto napoletano abbiamo approfittato per fare qualche domanda a Gianni D’Argenzio.
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Come e quando nasce il progetto Sax Maniacs?
I Sax Maniacs nascono nel millennio scorso, come esigenza musicale, ma anche affettiva: mio fratello (Peppe D’Argenzio è un membro storico degli Avion Travel), io e Gianni Taglialatela, siamo tutti inguaribilmente innamorati del sax, nelle sue diverse forme e tessiture. L’idea iniziale era quella di rivisitare musica jazz e pop con questo organico essenziale, qualche anno dopo abbiamo inserito le percussioni, che aggiungono colori ed energia.
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Che repertorio eseguirete l’11 dicembre a Villa Di Donato?
Il repertorio è sempre stato caratterizzato da estremo eclettismo, e spazia da Monk a Mingus, dai Beatles a Bobby Mc Ferrin, quasi come per sondare le possibilità espressive di questo strumento “ad ampio raggio”.
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Quali le difficoltà tecniche per un quartetto come il vostro?
Le difficoltà per questo organico sono legate alla necessità di estrapolare le linee essenziali, ritmiche, armoniche e melodiche, da soli 3 sax e un set percussivo, una sfida molto intrigante all’arrangiamento.
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Sei indicato come il decano dei sassofonisti della Campania, l’erede di Franco Coppola e Antonio Balsamo.
Più che erede di Franco Coppola e Antonio Balsamo, mi ritengo una specie di “allievo informale”, avendo avuto il privilegio di suonare con entrambi, e avere avuto la possibilità di poter “rubare” almeno un po’ della loro grande ricchezza tecnica ed espressiva.
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Che effetto ti fa essere un punto di riferimento per le giovani generazioni di musicisti?
Punto di riferimento forse è eccessivo, al limite potrei essere considerato un vecchio saggio, uno di quelli che dispensa consigli, anche non richiesti… Ma preferisco essere un sassofonista che suona alla pari con altri musicisti, condividendo esperienza e capacità di dare emozioni a chi ascolta.