I signori della guerra

La carneficina compiuta dai gruppi terroristici di Hamas nei kibbutz israeliani posti al confine tra lo Stato Ebraico e quello Palestinese e il lancio di migliaia di missili dalla striscia di Gaza, costato centinaia di vittime, testimonia non solo l’efferatezza di quel crimine ma anche la geometrica potenza militare della cellula islamista. Un blitz di quella portata, infatti, non può essere compiuto “solo” da un manipolo di invasati ma è frutto di una strategia e di un’organizzazione ben ponderati, con personale adeguatamente istruito ed armato. Le immagini diffuse dai media mostrano diversi campi di addestramento allestiti sul territorio palestinese, ove i paramilitari di Hamas si allenano alla guerra. Il che dimostra non solo la pessima figura fatta dai servizi segreti di Tel Aviv, colti di sorpresa, ma anche l’organico rapporto tra i cosiddetti gruppi terroristi ed il governo ufficiale della Palestina i cui membri girano per il mondo interloquendo con i capi di Stato di molte nazioni, sono rappresentati all’ONU e nella Lega Araba e riconosciuti attraverso le loro ambasciate dai governi di numerosi Paesi. Insomma: hanno una struttura politica che li accredita diplomaticamente e sono ritenuti interlocutori validi un po’ in tutti i principali consessi internazionali. Come rappresentanti di uno Stato povero e vessato dalle vicissitudini socio-economiche, costoro ricevono, da tempo immemore, aiuti e contributi finanziari sia dall’Occidente sia dai paesi loro vicini (quelli più ricchi). Il presidente della Repubblica di Palestina, Mahmūd Abbās meglio conosciuto come Abū Māzen, il cui figlio è un facoltoso milionario, è il storico capo di Al Fatah. Una famigerata vecchia sigla terroristica poi trasformatasi in soggetto politico che fu capeggiata dal mitico Yasser Arafat. Un partito socialista rivoluzionario che oggi guida in Palestina un esecutivo di solidarietà nazionale, con dentro rappresentanti del partito popolare palestinese erede del vecchio partito comunista palestinese e di Hamas stesso. La lettura tutta politica della composizione del governo e delle ideologie che ispirano i partiti presenti nel governo, rende chiaro quello che il dualismo tra Palestinesi ed Israeliani non chiarisce. Rende altresì evidente perché Hamas goda della compiacenza e della complicità del legittimo governo palestinese. La vera chiave di lettura del conflitto, ormai endemico, risiede infatti nella lotta che i marxisti – sia quelli in giacca e cravatta sia quelli che imbracciano il mitra – hanno intentato al Sionismo, ossia allo Stato di Israele, ritenuto un avamposto del capitalismo e del vecchio imperialismo statunitense. Si aggiunga a ciò il contrasto fideistico religioso tra Musulmani ed Ebrei ed ecco che la miscela esplosiva è bella e pronta!! Un ragionamento del genere ci spiega anche perché in Europa per molti anni si sia data per certa la comoda versione che gli ebrei fossero i biechi carnefici dei Palestinesi cacciati dalla loro terra. Quest’ultima è una tesi mendace fatta circolare ed allignare nell’opinione pubblica dalle ben organizzate frange marxiste già nel tempo della cortina di ferro e del dualismo USA-URSS. Che oggi vi sia un revival dei cortei studenteschi è un “déjà vu” dei tempi in cui nelle università italiane (pronuba la sinistra comunista) si inneggiava a Marx, Lenin e Mao Tze Dong. Da questo vecchio impasto ideologico è discesa la cultura della lotta ad oltranza in Terra Santa. Parimenti così come nella vicina Siria governata dal despota Bashar al-Assad, capo del partito Ba’th anch’esso di ispirazione social comunista, da tempo sodale di Mosca, che ha represso nel sangue (con le armi ed i mercenari di Putin), la rivolta del suo popolo contro la tirannia. Parimenti sul versante est, in Libano, agisce un’altra frangia terroristica, gli Ḥezbollāh, ivi insediatisi durante la guerra civile. Da oltre 10 anni il paese dei Cedri è governato dal generale Aoun e da un primo ministro musulmano Saad Hariri. Costui è Sunnita e non Sciita come gli Ayatollah Iraniani, che da sempre finanziano Hamas e gli Ḥezbollāh per usarli non solo contro Israele ma anche contro i Sunniti!! Insomma, nel caso del contrasto mortale ad Israele: siamo al cospetto di un coacervo di fazioni manichee, figlie del furore ideologico del pan-arabismo e di quello delle sette religiose musulmane. Questo il motore che spinge, per varie motivazioni, ad agire contro uno Stato Ebraico libero e democratico, competitivo politicamente al suo interno, con uno stile di vita occidentale ed una florida economia di mercato, ed ancorché vi si sperimentino anche soluzioni collettiviste e cooperativistiche come le fattorie sociali (leggi: i kibbutz agricoli). Insomma, in questo bailamme, tardo marxista e musulmano fideista, col suo portato culturale anacronistico, l’unico comune denominatore tra le varie entità geo-politiche e religiose resta l’annientamento di Tel Aviv. Così come accadde nel 1956, nel 1967 e nel 1973, si ripropone l’aggressione militare contro la stella di Davide. Una verità sia storica che politica: un’eterna violenza che potrà finire solo costringendo i governi di quei paesi a rompere chiaramente col terrorismo, pena la cancellazione dal consesso mondiale delle nazioni. E soprattutto dall’Occidente niente più soldi ai signori della guerra!

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