LUCCA – Cambia il palcoscenico, ma lo spettacolo, sostanzialmente, è sempre lo stesso: da un lato l’imprenditore, dall’altro il politico e al centro le urne. E il plot quasi mai offre colpi di scena: inizia con l’uomo d’affari che mette in campo tutte le sue capacità relazionali per favorire quel determinato candidato e si chiude con una promessa: chi beneficia dei voti in caso di vittoria si dice pronto ad agevolare chi glieli ha procurati nell’ottenere appalti pubblici (e non è neppure scontato che alla fine lo faccia).
Copione noto. Succede in Campania, in Terra di Lavoro, e, a quanto pare, stava per accadere anche in Toscana, a Lucca, ma con attori (una parte) esportati dall’Agro aversano. Cambia il teatro, appunto, ma non lo spettacolo. E questo che raccontiamo avrebbe avuto come protagonista l’imprenditore Giuseppe Piccolo, 62enne, originario di Casapesenna, ma residente ad Altopascio: nella primavera del 2017 si stava impegnando per garantire sostegno elettorale alle Comunali, che si sarebbero tenute l’11 giugno, al candidato sindaco di centrodestra.
La telefonata intercettata
La circostanza emerge in una conversazione del 4 giugno intercettata dai militari del Gico di Firenze. Giuseppe Piccolo, alias o’ figliu di Filiuccio, fratello di Renato (esponente di spicco della fazione Zagaria del clan dei Casalesi), contattò Stefano Cicala. A quest’ultimo, hanno ricostruito le fiamme gialle, gli propose un incontro per concordare il sostegno da dare alle urne all’aspirante primo cittadino di centrodestra. Nell’indicare il politico a Cicala disse che si trattava del cognato di un suo vicino di casa e che, se avesse vinto, si sarebbe prodigato per agevolarli nell’aggiudicazione di lavori da assegnare alle loro società: “Se esce qualche fatica a fa… – spiegò Piccolo – sto guaglione se ce vai a parlà… ha ditt: ohi Pe, non ti preoccupare se c’è qualcosa ha detto me la vedo io… mio cognato no?”.
Sostegno al centrodestra
Lo schema prospettato da Piccolo era semplice: bisognava dargli il voto nell’ottica che una volta eletto avrebbero avuto in Comune “uno che sta con noi…” (con loro) e non “contro”. “[…] Tanto… si deve cagnà nu poco a Lucca…”.
I dem, stando allo sfogo intercettato, non erano in linea con la sua visione lavorativa. “Chilli del Pd se ne devono andà un po’ a f… che non fanno campà a nisciuno”, chiarì l’uomo d’affari.
L’aspirante sindaco a cui l’imprenditore casapesennese avrebbe fatto riferimento, questa la tesi del Gico, era Remo Santini, giornalista, che partecipò alle amministrative nel 2017 come guida della coalizione composta da Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega Nord Toscana, Siam Lucca e Lucca in Movimento. Il politico non è indagato ed è da considerare innocente fino a prova contraria. E, non abbiamo motivo per pensare diversamente, di certo era all’oscuro dei movimenti elettorali a suo sostegno che avrebbe organizzato Piccolo con la speranza di ottenere, poi, un ritorno in termini di appalti. Non è neppure da escludere che o’ figliu di Filiuccio non avesse fatto riferimento direttamente a Santini ma ad un altro componente della stessa coalizione. Ad ogni modo il progetto che l’imprenditore dell’Agro aversano aveva in mente naufragò, perché alle urne Santini fu battuto, di misura, da Alessandro Tambellini del Pd.
L’indagine sulla holding dei Diana-Esposito
Se i finanzieri del Gico ascoltarono la telefonata che fece Piccolo è perché stavano indagando su Stefano Cicala, 33enne di Lucca, accusato di aver fatto parte dell’associazione a delinquere messa in piedi da Antonio Esposito e dai fratelli Giuseppe e Raffaele Diana: nella loro veste di imprenditori sarebbero stati gestori di fatto di una holding occulta in grado di controllare società attraverso le quali, sostiene la Dda di Firenze, realizzavano frodi fiscali e riuscivano ad accaparrarsi appalti in Toscana agevolando le attività del clan dei Casalesi (elemento che ai fini cautelari la Cassazione ha ritenuto non solido rinviando i relativi atti nuovamente al Riesame). In questa ipotizzata gang Cicala avrebbe gestito una delle principali società della holding coordinando gli operai, provvedendo a versare loro le somme in contanti e fungendo anche da prestanome.
Il processo
L’attività investigativa sulla rete di imprenditori dell’Agro aversano che aveva puntato alla Toscana, lo scorso gennaio sfociò in 34 misure cautelari. L’inchiesta ora si è divisa in due filoni: quello dove compare Cicala è ancora ‘aperto’, l’altro è già a processo e riguarda Esposito, i Diana, Guglielmo Di Mauro, Raffaele Napoletano, Enrico ed Amedeo Laudante (per i quali c’è stato decreto di giudizio immediato). Giuseppe Piccolo, innocente fino a prova contraria, non è coinvolto in questa indagine.