CASAL DI PRINCIPE – Riprenderà o meno il percorso di collaborazione con la giustizia, quanto già detto da Francesco Schiavone Sandokan nei verbali di interrogatorio (ha riferito di averne resi 19) rappresenta comunque informazioni che la Dda, qualora riuscirà a dar loro riscontro, potrà usare nei processi in corso e per avviare eventualmente altre indagini.
Schiavone Sandokan rompe il silenzio e confessa: ‘Voglio tornare a collaborare…
Le sue dichiarazioni spontanee, rese mercoledì scorso nel processo in Appello dove è imputato per gli omicidi di Luigi Cantiello e di Nicola e Luigi Diana, hanno mostrato un boss sicuramente a tratti confuso, debilitato, ma desideroso, almeno è questo che ha annunciato, a riprendere il percorso di collaborazione che è stato interrotto dalla Procura di Napoli dopo circa 4 mesi dal suo avvio. Il motivo di quello stop è legato, a quanto pare, al fatto che il capoclan non stesse toccando alcuni degli argomenti scottanti che invece gli aveva chiesto di affrontare l’Antimafia. E le collaborazione a macchia di leopardo valgono poco. Non è da escludere che a ‘raffreddare’ i magistrati della Dda sul pentimento siano state anche alcune versioni su fatti di mafia fornite da Sandokan che magari sono entrate in contrasto con quanto stabilito da sentenze irrevocabile. Ad ogni modo, è probabile che, a seguito dell’intervento in videocollegamento con l’aula della Corte d’assise di Appello di Napoli, la Procura, guidata da Nicola Gratteri, rianalizzi il percorso del boss, ma certamente lo farà con le sue profonde capacità che impediranno al mafioso di attivare eventuali strategie che non sono in linea con gli obiettivi di una genuina collaborazione. Insomma, se è un bluff, gli inquirenti hanno il know-how idoneo per smascherarlo
Nelle sue dichiarazioni, assistito dall’avvocato Rosa Esposito, il capoclan, in merito all’accusa che gli viene contestata, ha ammesso di aver partecipato al triplice delitto, smentendo quanto aveva detto in primo grado. Dinanzi al Tribunale di Napoli, infatti, disse che era in vacanza in Brasile nel periodo dell’assassinio, invece stavolta ha detto di aver partecipato al raid di morte. Cosa fece? Insieme a Vincenzo De Falco e Luigi Venosa, attirò le vittime con un pretesto presso l’abitazione, all’epoca in costruzione, proprio di De Falco per eliminarli. Era il 1983. Sandokan fece fuoco e uccise Nicola Diana, De Falco invece sparò a Luigi Cantiello e Luigi Venosa assassinò Luigi Diana. Nell’affermare le proprie colpe, Sandokan ha detto che Giuseppe Pagano, imputato con lui di questo delitto, in realtà non aveva avuto un ruolo nell’agguato, ricostruzione che parzialmente non coincide con quanto stabilito nella sentenza di primo grado, dato che Pagano, invece, partecipò (come egli stesso, da pentito, ha raccontato) alle ricerche delle vittime, ma si limitò a colpire con il calcio della pistola Luigi Cantiello, minorenne, senza avere il coraggio di ucciderlo.
Perché questi omicidi? Perché, secondo i mafiosi, Luigi Diana aveva esploso colpi d’arma da fuoco contro l’abitazione di Michele Russo, ritenuto vicino al clan, a seguito di un litigio, probabilmente per una contesa sentimentale riguardante una ragazza.
Il processo proseguirà a fine maggio quando è prevista la sentenza per Schiavone e Pagano, difeso dall’avvocato Domenico Esposito. I familiari delle vittime sono costituiti parte civile con l’avvocato Giovanni Zara.
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