Nel dicembre 2025, il Regno Unito si prepara a salutare uno dei suoi totem mediatici: MTV spegnerà cinque dei suoi canali musicali, tra cui MTV Music, MTV 80s, MTV 90s, Club MTV e MTV Live. Resterà in onda solo MTV HD, ormai votato all’intrattenimento generalista. È la fine di un’epoca, non solo televisiva, ma antropologica.
L’alba di una rivoluzione visiva
Il 1º agosto 1981, MTV debuttava negli Stati Uniti con un gesto simbolico: il logo campeggiava sulla Luna, evocando l’allunaggio dell’Apollo 11. Il primo videoclip trasmesso fu “Video Killed the Radio Star” dei Buggles, profezia e manifesto. MTV non fu solo un canale: fu un linguaggio, un’estetica, un modo di essere. I videoclip divennero arte visiva, i VJ (video-jockey) nuove icone, e la musica si fece immagine. Negli anni ’80, MTV fu il catalizzatore di una gioventù affamata di novità, ribellione e identità. Michael Jackson, Madonna, Prince, gli U2, i Duran Duran: tutti trovarono in MTV una rampa di lancio globale. Il canale non si limitava a trasmettere musica, ma la interpretava, la coreografava, la rendeva spettacolo.
In un’epoca dominata dall’analogico, MTV introdusse una grammatica visiva nuova, dinamica, frammentata. Il montaggio serrato, le grafiche audaci, il ritmo sincopato dei video ridefinirono il concetto stesso di palinsesto. MTV fu il primo medium a parlare direttamente ai giovani, bypassando le liturgie della televisione generalista. In Italia, il suo arrivo negli anni ’90 attraverso il satellite e successivamente il digitale terrestre, contribuì a svecchiare l’offerta televisiva, introducendo format innovativi e una narrazione più fluida, meno paternalistica.
Oblio della televisione
Oggi, la televisione lineare vive una transizione epocale. Secondo l’Osservatorio Agcom 2025, il prime time è un concetto superato: la fruizione differita e personalizzata ha trasformato il palinsesto in un algoritmo. Le piattaforme on demand dominano: Netflix, Prime Video, Disney+, YouTube e TikTok hanno ridefinito il consumo audiovisivo. Il pubblico giovane si è spostato verso contenuti liquidi, accessibili da smartphone e tablet. In Italia, il 74% degli streamer usa la Connected TV, mentre la fascia over 65 resta la più fedele alla televisione tradizionale. Il consumo televisivo è ormai polarizzato: da un lato l’anziano spettatore lineare, dall’altro il giovane utente algoritmico.
La chiusura dei canali musicali di MTV nel Regno Unito è il sintomo di un cambiamento profondo. Non è solo la fine di un brand, ma la dissoluzione di un paradigma. MTV aveva insegnato a guardare la musica, oggi la musica si guarda altrove. I videoclip vivono su YouTube, Instagram, TikTok. L’etere si è fatto rete.
Eppure, il lascito di MTV resta incancellabile. Ha insegnato a generazioni intere che la musica è anche immagine, che il medium è messaggio, che la cultura pop può essere arte. Ha democratizzato il gusto, ha dato voce a sottoculture, ha reso visibile l’invisibile. Nel tramonto di MTV si riflette il tramonto di una televisione che fu rito collettivo, specchio generazionale, laboratorio estetico. Oggi, il consumo è frammentato, individuale. Ma il sogno di MTV, quello di un medium che parli ai giovani con il loro linguaggio, resta vivo. Cambia forma, ma non sostanza.
la musica in Italia tra oblio e resistenza
Nel panorama televisivo italiano contemporaneo, la musica appare come un’eco lontana, un riverbero sbiadito di ciò che fu. MTV Italia, un tempo laboratorio visivo e generazionale, ha da tempo abdicato alla sua vocazione originaria. Il canale, che negli anni Novanta aveva portato il videoclip nelle case italiane con programmi come Select e TRL, oggi si è trasformato in un contenitore di reality e intrattenimento generalista, dove la musica è presenza sporadica, quasi ornamentale. Il ramo musicale, MTV Music, ha annunciato la sua chiusura definitiva su Sky per il 2026, suggellando il tramonto di un’epoca anche sul versante italiano.
Nel deserto dell’etere, resistono poche oasi, ma la loro portata è più simbolica che sostanziale. Alcuni network radiofonici, convertiti in canali televisivi, mantengono una programmazione musicale: Radio 105 TV, R101 TV, Virgin Radio TV e RMC TV, distribuiti tra digitale terrestre e Tivùsat, offrono contenuti musicali in rotazione, ma senza la forza narrativa e culturale che un tempo caratterizzava l’offerta televisiva musicale. Deejay TV, anch’esso presente sul digitale, conserva una parvenza di programmazione musicale, ma anch’essa appare diluita, frammentata, priva di centralità.
La Rai, da parte sua, propone eventi musicali in prima serata, come i Tim Music Awards o le serate celebrative dedicate a Pino Daniele e altri grandi della canzone italiana. Ma si tratta di appuntamenti rituali, più legati alla memoria che alla scoperta, più celebrazione che fermento. I dati parlano con chiarezza. Secondo l’Osservatorio Agcom e le rilevazioni Auditel del 2025, la fascia d’età tra i 15 e i 34 anni rappresenta meno del 12% del pubblico della televisione lineare. Il consumo musicale avviene per oltre il 70% su piattaforme digitali e social, con YouTube, Spotify e TikTok che dettano le regole del nuovo ascolto. I programmi musicali in palinsesto occupano meno dell’1,5% del tempo totale delle reti generaliste. La musica, che negli anni Ottanta e Novanta scandiva il tempo televisivo con programmi come Superclassifica Show, Top of the Pops, Arrivano i nostri, è oggi un contenuto residuale, marginale, quasi clandestino.