Il 53% delle Pm10 dal riscaldamento

Le proposte: eliminare i superbonus e vietare nuovi impianti con fonti fossili

Foto Cecilia Fabiano - LaPresse 01-07-2019 Roma (Italia) CronacaZtl nel Tridentino: divieto anche per moto e scooter Nella foto: via di ripetta Photo Cecilia Fabiano - LaPresse July 01, 2019 Rome (Italy) NewsThe center of Rome closed for the traffic In the pic: via di ripetta

NAPOLI – Riscaldare inquina, e molto. Ma tutti possiamo fare qualcosa per ridurre l’impatto ambientale di caloriferi e condizionatori. E’ stato pubblicato uno studio sulla decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento realizzato da Elemens per Legambiente e Kyoto Club. Il report è finalizzato a eliminare gradualmente i combustibili fossili dagli edifici residenziali in Italia, e indaga lo stato dei sistemi di riscaldamento, il loro apporto in termini di emissioni di gas, nonché le priorità d’intervento, e presenta le proposte per decarbonizzare il settore che puntano all’eliminazione immediata del superbonus per le caldaie a gas e al 2025 quale data strategica per vietare l’installazione di nuovi impianti alimentati da fossili.

I danni del riscaldamento

In Italia il riscaldamento degli edifici residenziali, commerciali e pubblici pesa sulle emissioni di CO2 per oltre il 17,7%, secondo i dati di Ispra. Particolarmente consistente il ruolo del riscaldamento residenziale nell’inquinamento atmosferico: da solo, infatti, è responsabile del 64% della quantità di Pm2,5, del 53% di Pm10 e del 60% di CO emessi nel 2018, contribuendo al peggioramento della qualità dell’aria, specie nelle grandi città del Centro-Nord. Un impatto notevole confermato anche durante il primo lockdown del 2020: in Lombardia, ad esempio, uno studio dell’Arpa ha evidenziato come, nonostante lo stop delle attività produttive e di gran parte dei trasporti, le emissioni di Pm10 siano diminuite soltanto del 17% proprio a causa di un incremento nell’utilizzo dei riscaldamenti. Il principale vettore energetico impiegato per il riscaldamento residenziale è il gas naturale (50% dell’energia fornita). Seguono le biomasse solide (il 28%), soprattutto legname e cippato, e i prodotti petroliferi (8%), come nel caso delle caldaie a gasolio, ancora presenti in alcune grandi città e nelle aree montane non metanizzate. La cogenerazione pesa sul totale per il 5%, mentre sono marginali le pompe di calore, il riscaldamento elettrico (boiler) e il solare termico (1%).

Inquinare meno

Il riscaldamento domestico è la voce più consistente nella lista dei consumi degli utenti residenziali: rappresenta il 67% del totale. Il settore energetico beneficia di sussidi ambientalmente dannosi. Tre, nello specifico, quelli che interessano il riscaldamento residenziale. In primis, l’ecobonus che incentiva non solo tecnologie rinnovabili, ma anche soluzioni che utilizzano combustibili fossili come il gas naturale. C’è poi l’agevolazione volta a ridurre il prezzo per l’acquisto di gasolio e Gpl nelle aree non metanizzate (zone montane, Sardegna e isole minori). E ancora l’aliquota Iva agevolata (pari al 10%) destinata ai consumi ad uso civile per il riscaldamento degli edifici, applicata limitatamente ai primi 480 metri cubi di gas consumato nell’anno. Per favorire la diffusione di sistemi di riscaldamento a zero emissioni le associazioni suggeriscono di accompagnare la dismissione degli impianti inquinanti con l’obbligo di una loro sostituzione con soluzioni ad alta efficienza e basso impatto ambientale.

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