Una recente, discutibile, sentenza del tribunale di Trento, ha stabilito che l’istituto della patria potestà sui figli può essere rimosso, allorquando un genitore non ne cura gli interessi di salute, ovvero li espone al rischio di contrarre il Covid, evitando di sottoporli alla terapia genica immunizzante. Più in particolare, la sentenza si sofferma sulla tesi che il pregiudizio del genitore sulla terapia vaccinale non possa cancellare i diritti che sono propri dei figli e come tali non disponibili al genitore stesso. In sintesi: significa che lo Stato deve poter provvedere a garantire le tutele del minore anche quando queste non sono gradite al tutore. La sentenza si presta a varie considerazioni, alcune delle quali esulano dall’ambito sanitario, aprendo interrogativi sulla tutela dei diritti e delle libertà dei cittadini. Un’ulteriore perplessità è scaturita dal commento incongruente che su questa sentenza ha fornito l’ex ministro della Salute on.le Beatrice Lorenzin. L’ex titolare del Ministero ha affermato, infatti, che la sentenza di Trento sancisce che i figli non appartengano ai genitori ma, avendo propri diritti, siano praticamente dello Stato. Una grossolana interpretazione della sentenza, questa, che sancirebbe come lo Stato sia in grado di spogliarci anche della patria potestà, ogni qualvolta lo ritenga necessario per la tutela dei minori. Un’affermazione molto grave che concederebbe al “Leviatano Statale” l’opinabilità di stabilire cosa sia necessario per i nostri figli ed imporlo anche ai loro genitori. Siamo all’apoteosi dello Stato onnipotente che di tutto può espropriarci in nome della tutela dell’interesse pubblico (nonché di quello dei nostri figli), senza alcun limite oggettivo ed alcun vincolo di dover comprovare la necessità e l’efficacia dell’intervento!
Parliamoci chiaro: divaricare l’ancestrale rapporto tra padri, madri e figli, basato sul naturale presupposto che i primi vogliano il bene e la felicità dei secondi, va oltre la potestà dello Stato se non sussistono reali e concrete minacce per i minori. Non credo basti la mancata vaccinazione anti-Covid per recidere quei legami, se non intervengono le volontà contrarie (in favore della vaccinazione) dell’altro genitore, oppure sussistano fondati e documentati motivi di pericoli per il bambino. Insomma la limitazione della potestà non può gravare solo sul genitore ma deve gravare anche sull’ente statale, il quale deve dimostrare l’esistenza di un danno, se non del dolo, nei confronti del bambino. La mancanza di una legge che sancisca l’obbligo vaccinale non consente di giudicare come dannoso il comportamento del papà o della mamma contrari a vaccinare il figlio e, come tale, rende inaccettabile il diritto vantato, a prescindere, dallo Stato.
Ancora più grave è la definizione che i figli appartengano allo Stato o che questi possa vantare un generico diritto di esproprio della potestà genitoriale. Lo Stato deve essere un male necessario, con diritti minimi (e circoscritti) e poteri in grado interferire solo in alcuni ambiti della vita dei singoli cittadini. E’ intorno a questa concetto di “limitazione dei poteri” che si definisce un regime di libertà, affinché i cittadini restino liberi fruitori dei servizi statali, non sudditi e sottoposti ad essi. Se così non fosse il tribunale di Trento dovrebbe spiegarci perché gli stessi autonomi diritti dei minori (che vanno anche oltre la tutela genitoriale) non vengano riconosciuti a quei bimbi che vivono e crescono nel grembo materno e perché mai lo Stato non impedisca alle madri che tali diritti vengano soppressi per loro insindacabile giudizio. Non godiamo di diritti e prerogative giuridiche di grado diverso in base all’età. Quindi che si abbiano poche settimane di vita intra uterina, oppure alcuni anni, non dovrebbe incidere in alcun modo nella tutela e nel godimento dei diritti medesimi.
Non ci sarà mai riforma dello Stato se mancherà la consapevolezza profonda sui limiti da concedere allo Stato stesso. Limiti aboliti in nome di un apodittico bene collettivo. A coloro che in ogni occasione pensano di potersi riparare dietro l’impersonale scudo delle istituzioni statali va chiarito che il libero “patto sociale” sul quale si fonda la civile convivenza è, di per se stesso, un limite invalicabile. Tra persone che si amano, come tra genitori e figli, non dovrebbe interporsi alcun altro sentimento morale e civile. Tra Proserpina, figlia di Cerere, la dea dell’abbondanza dei frutti della terra, e Ade, re degli inferi che, invaghito di lei, la rapì trasportandola nel suo regno, si stabilì comunque un legame duraturo di affetti perché la dea mangiò i chicchi di melograno che il suo sposo le aveva offerto per tenerla legata a sé. Così è sempre stato tra genitori e figli che, dalla notte dei tempi, hanno da sempre condiviso quell’acino di color rubino. Se ne facciano una ragione tutti gli adoratori dello Stato.