CASAL DI PRINCIPE – Con i voti del clan era arrivato a sedere in consiglio regionale e, sempre del clan, era stato uno degli imprenditori di riferimento nel settore della raccolta rifiuti. Parliamo di Nicola Ferraro ‘Fucone’: l’imprenditore e politico, nei primi anni del Duemila, aveva raggiunto un grado di considerazione così forte nei Casalesi che gli aveva permesso di trasformarsi, insieme al fratello Luigi, addirittura (a detta di alcuni collaboratori di giustizia) nel punto di collegamento tra i servizi segreti e Nicola Schiavone, primogenito del capoclan Francesco Sandokan. Ferraro, che ora vive ad Arienzo, è stato tutto questo (perlopiù già tracciato nella sentenza per concorso esterno al clan che ha totalmente scontato), e non è poco, ma è stato anche altro. E l’altro viene inserito, ora, dai pm Maurizio Giordano e Vincenzo Ranieri nella nuova richiesta di arresto che hanno avanzato nei suoi confronti, accusandolo, adesso, di essere stato non un elemento ‘esterno’, ma intraneo e fondamentale del clan dei Casalesi.
Le dichiarazioni dei pentiti
Tra questo ‘altro’ riemerge il caso della centrale elettrica di Sparanise. A legare Fucone a tale importante costruzione sono diversi collaboratori di giustizia: alcune loro dichiarazioni sono già note, come quella di Antonio Iovine, boss di San Cipriano d’Aversa, che nel 2014 riferì ai pm della quota di 25mila euro al mese che proprio Ferraro avrebbe versato nelle casse del clan, fino al 2008, in relazione all’impianto per la cui realizzazione avrebbe avuto un ruolo importante. Più preciso Nicola Panaro, per un breve periodo reggente del gruppo Schiavone, il quale, poco dopo Iovine, disse che Ferraro si era occupato di “mettere a posto i cantieri (della centrale, ndr) con la criminalità organizzata”.
Anche Nicola Schiavone, collaboratore di giustizia dal 2018, ha dato informazioni sulla centrale elettrica, raccontando dell’interesse della famiglia Cosentino all’acquisto dei terreni dove sorgerà poi la centrale e di uno scontro con gli Zagaria, che pure erano interessati al progetto, ma chiarendo che, alla fine, prevalse nella gestione dei lavori la propria cosca perché – sintetizziamo – l’imprenditore di riferimento che stava operando, tale Alfonso Gallo di Napoli, sarebbe stato “legato a Nicola Ferraro”.
‘Fucone’, a detta di Schiavone, intervenne dopo l’acquisizione dei terreni dove era prevista la costruzione, quando divenne necessario rapportarsi con la Regione Campania.
Schiavone ai magistrati ha riferito anche di un suo incontro casuale con Alfonso Gallo: avvenne al ristorante Il Poeta di Napoli nel 2005. Nicola Ferraro, sostiene il figlio di ‘Sandokan’, era il riferimento politico del suo gruppo mafioso, mentre Sebastiano Ferraro faceva da trait d’union tra la cosca e Gallo e sarebbe stato proprio Sebastiano – stando al racconto di Schiavone – ad accorgersi al ristorante della presenza di Gallo e a presentarglielo.
L’intercettazione
A questi narrati dei pentiti, più o meno già conosciuti, che attestano l’interesse della mafia nella fase di realizzazione della centrale – tirando in ballo ‘Fucone’ -, i pm, grazie alla recente indagine condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, aggiungono adesso un altro tassello importante, una sorta di ammissione che farebbe Ferraro, ignaro di essere ascoltato, circa la sua ipotizzata centralità nella realizzazione della struttura a Sparanise. È il 4 maggio 2024 e ‘Fucone’ si sta recando a Formia insieme a un suo amico avvocato per trascorrere una giornata al mare. Nel transitare lungo l’Appia gli appare la sede della centrale e Ferraro dice al legale: “Questa cosa che ti faccio vedere non si poteva fare”, fregiandosi che se l’operazione era riuscita era stato grazie a lui dalla ‘A alla Zeta’. “È stata fatta solo grazie a me”.
L’indagine
Lo spaccato sulla centrale elettrica è inserito nell’inchiesta dei carabinieri, diretti dalla Dda di Napoli, che ha puntato a tracciare un ipotizzato cartello di imprese gestito proprio da Ferraro, il quale sarebbe riuscito a infiltrare le varie ditte, sfruttando – dice l’accusa –, la sua forza mafiosa, le mazzette e pressioni politiche, negli appalti per la raccolta rifiuti nei Comuni e della sanificazione gestite dalla Asl casertana. In relazione a tale inchiesta è stata chiesta la misura cautelare per Ferraro e per altri 32 indagati (tutti da ritenere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile).
Il caso della centrale di Sparanise non è contestato nell’indagine su Ferraro e anche Alfonso Gallo, citato dai pentiti, non risulta, almeno secondo le informazioni in nostro possesso, indagato (pure la centrale stessa e la sua gestione sono estranee all’inchiesta). Tuttavia, la vicenda narrata dai collaboratori di giustizia — le cui dichiarazioni non rappresentano verità assolute, ma devono essere vagliate, verificate e dimostrate — è stata riportata negli atti dell’attività investigativa perché, secondo i pm, contribuisce a delineare ‘Fucone’ come un soggetto di riferimento del clan nelle infiltrazioni nel tessuto imprenditoriale e nella pubblica amministrazione.
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