CASAL DI PRINCIPE – Meno spari, più affari: è la strategia criminale adottata dal clan dei Casalesi nell’ultimo decennio. Una scelta dettata dalla dura reazione dello Stato all’ondata di sangue scatenata dalle cosche in Terra di Lavoro, culminata nell’azione stragista del gruppo guidato da Giuseppe Setola. L’Antimafia rispose con un’intensità tale da smantellare l’ala militare dell’organizzazione e assicurare alla giustizia i principali boss. Per sopravvivere e ristrutturarsi, la mafia dell’Agro aversano è stata costretta ad abbassare i toni, a tentare di rendersi invisibile.
Oggi, però, una parte del clan sembrerebbe pronta a rompere quel patto di silenzio e a tornare alle armi. Un riabbracciare la violenza motivato dalla perdita di controllo sul territorio, dove sempre più persone hanno iniziato ad avere fiducia nello Stato e scegliere di denunciare. È proprio in questo contesto che si inserirebbe il tentato agguato ai danni di un imprenditore 53enne di Aversa, finito nel mirino di Nicola Pezzella, alias “Palummiello”, di Casal di Principe, e Nicola Gargiulo, detto “’o Capitone”, di Lusciano – esponenti delle fazioni Schiavone e Bidognetti. L’uomo d’affari, oggi sotto scorta, si era rifiutato di piegarsi al racket. Non solo non aveva pagato il pizzo, ma nel 2021 aveva denunciato i suoi estorsori, Luigi Cirillo e Giovanni Natale, contribuendo al loro arresto e alla successiva condanna. Convinto della sua scelta, l’imprenditore aveva anche incoraggiato un collega di Villa di Briano, vittima di una richiesta estorsiva, a rivolgersi alle forze dell’ordine. Il brianese, impegnato in un cantiere a Lusciano su incarico dello stesso imprenditore aversano, aveva infatti ricevuto la visita degli emissari del clan Bidognetti.
Un atteggiamento di coraggio e coscienza civica che, per gli affiliati al clan dei Casalesi, rappresentava un affronto difficile da tollerare. Una porta sbattuta in faccia, che minava la credibilità e la forza dell’organizzazione criminale. Così, secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Nucleo investigativo di Aversa, Pezzella si sarebbe attivato per eliminare l’imprenditore.
Dell’omicidio in preparazione ha parlato anche Antonio Lanza, alias “Piotta”, ex capozona dei Bidognetti a Lusciano e collaboratore di giustizia dal 2023. Il pentito ha riferito di aver scelto di evitare contatti diretti con Pezzella, delegando ogni sua relazione a Gargiulo, proprio dopo aver appreso dell’intenzione dello schiavoniano di uccidere l’imprenditore.
Questo spaccato criminale è al centro dell’inchiesta condotta dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli, che l’altro ieri ha portato all’arresto di Nicola Pezzella, Nicola Gargiulo e di altri tre indagati: Antonio Fusco, 44 anni, Hermal Hasanay, 40 anni, e Umbert Meli, 32 anni, tutti residenti a Castel Volturno. Sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno e tentata estorsione. Un’operazione che è riuscita a infliggere un duro colpo al clan dei Casalesi e a impedire che alcuni suoi affiliati tornassero a imbracciare le armi e a colpire, proprio come avevano programmato. Partiti intanto gli interrogatori di garanzia per gli arrestati ristretti in cella.
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