Il colore del gatto

Kabul è caduta nelle mani dei talebani, combattenti musulmani formatisi, in larga parte, nelle madrasse, le scuole d’insegnamento del Corano, nate con il compito di diffondere la fede di Allah. Come movimento di affiliazione all’Islam, costoro hanno forti connotati religiosi ed ideologici atti a trasformarli in mujaheddin, vale a dire combattenti della fede. Prevalentemente presenti in Afghanistan e Pakistan, i talebani rappresentano un vero centro di potere armato il cui scopo è realizzare lo stato islamico. Per essere estremamente chiari: uno stato brutale e sottosviluppato, che osservi strettamente i precetti della legge coranica, obbligando le donne alla sottomissione più assoluta se non vogliono incappare in dure punizioni. Un ritorno ad un passato arcaico, che disconosce la modernità e l’evoluzione dei costumi, della cultura, delle libertà civili e religiose.

Una precisazione, quest’ultima, che è bene tenere a mente per non confondersi con le posizioni dei pacifisti ad oltranza, i quali guardano con soddisfazione al ritiro americano neanche stessero celebrando una nuova Saigon, ovvero una nuova cocente sconfitta dello Zio Sam. E’ facile prevedere che ora i talebani faranno terra bruciata di oppositori e credenti in altre fedi religiose. Daranno sostegno, più o meno coperto, al movimento internazionale di lotta armata della “jihad”, sbocco obbligato per i sostenitori della “guerra santa” contro gli infedeli che sta insanguinando il mondo. Altra caratteristica dei talebani è quella di procurarsi i soldi per governare lo Stato con la coltivazione e lo smercio di droghe (tra cui l’oppio), facendo di Kabul la capitale del commercio degli stupefacenti. Il resto dei danari verrà dalla collocazione che essi assumeranno negli schieramenti delle potenze internazionali, ricevendone aiuti civili e militari in cambio del controllo geo politico e commerciale di quella vasta nazione.

Un excursus necessario, il nostro, per ricordare al lettore che droga e terrorismo sono state le principali piaghe che hanno afflitto la comunità internazionale ed in speciale modo l’America, colpita sul proprio suolo l’11 settembre del 2001, con il tristemente celebre attacco contro le “torri gemelle” di New York oltre ai vari altri attentati commessi nei paesi europei che pure hanno pagato un alto costo in vite umane per i raid di marca jihadista. Si disilludano, quindi, tutti quelli che pensano che ciò che accade in quel paese tanto lontano e nell’intera regione medio orientale, non abbia una diretta incidenza sulla nostra libertà e sul nostro diritto di vivere pacificamente.

E’ in questa ottica, d’altronde, che gli eserciti dei paesi occidentali si sono messi in moto, negli anni scorsi, rendendosi artefici di spedizioni militari tese a riportare quelle stesse zone in sicurezza e se possibile a regimi democratici e costituzionali. Purtroppo hanno fallito prima i russi e adesso gli americani (ed i loro alleati europei). Fallita la politica d’imposizione di una cultura civica ed un’organizzazione dello Stato fondata su basi di libertà e di collaborazione pacifica. Adesso pare tocchi alla Cina garantire che i talebani e l’Afghanistan stesso non finiscano nelle mani del terrorismo internazionale. In sintesi, tocca ora a Pechino diventare nuovo guardiano di quella parte del mondo.

Il Paese della Grande Muraglia, d’altronde, ha cospicui interessi economici da tutelare in tutto il mondo e cerca nuovi mercati in cui collocare la propria produzione. Usa e Russia hanno tacitamente rinunciato a svolgere quel ruolo, pur avendo profuso intensi sforzi e pagato a caro prezzo di vite umane la loro presenza in quella regione. La Cina di Xi Jinping ha bisogno di pace per assistere i propri interessi economici e quindi deve assumere il ruolo che le compete di nuovo guardiano del mondo. C’è da scommettere che non sarà usata la forza militare dagli eredi del Celeste Impero, ma quella economica. Energia, strade, dighe, ospedali frutteranno meglio dei carri armati russi ed americani. Tuttavia in questo cambio di consegne c’è una colossale perdita di civiltà e di modernità.

I cinesi non baderanno ai diritti civili ed alla forma di governo che i talebani instaureranno. All’opposto, baderanno solo al concreto commerciale, anche perché essi stessi sono espressione di un capitalismo selvaggio mescolato al totalitarismo comunista. Chi non vive in un regime di vera libertà, di vere istituzioni democratiche, non ha titoli morali per predicarne la necessità di realizzarle. I cinesi non esporteranno civiltà e democrazia ma solo tecnologia e beni di consumo, cioè il peggio del capitalismo quando questi viene distinto dal liberalismo politico ed istituzionale. A chi chiedeva a Mao Tze Dong che tipo di politica dovesse fare la Cina egli rispondeva “Non ci importa del colore del gatto, ci importa che acchiappi il topo”. E’ questo il cinico dettato morale e civile che i nuovi guardiani del mondo coltiveranno in Afghanistan.

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