Il deserto dei Tartari

Vincenzo D'Anna, ex parlamentare

Il buon Matteo Salvini ha girato in lungo e largo l’Italia aizzando gli elettori a protestare contro i flussi migratori provenienti dall’Africa, ventilando il timore di malattie ormai estinte da tempo in Europa, come tubercolosi e poliomielite. Allo scoppiare della crisi sanitaria in Cina, il leader del Carroccio ha inasprito i toni della polemica chiedendo al tremebondo premier Conte di serrare tutto ciò che potesse essere fonte d’immigrazione dall’estero. Come il capitano Drogo del “Deserto dei Tartari” di Dino Buzzati, anche lui si è messo a scrutare orizzonti unidirezionali aspettando che comparissero, esausti, dal Continente nero, i portatori della nuova epidemia. Inutilmente. Nel cuore del dramma cinese, in pieno bombardamento da parte dei soliti media assetati di eventi catastrofici e diffusori di panico a buon mercato, ecco arrivare il colpo di teatro. Nella civilissima ed efficientissima Lodi, proprio lì, nel cuore della terra del condottiero padano, si  materializza, a sorpresa, il primo caso italiano d’infezione da Covid-19! Un secondo caso compare poi in Veneto ed un altro ancora a Torino. Insomma: tutti nel profondo Nord, altro che untori africani!! Una sorta di “paradosso virale” che sembra quasi accanirsi con le regioni identitarie della Lega.

Ora, il diffondersi dei casi di pazienti nei quali il virus è stato, di volta in volta, identificato, ha scatenato una sorta di bolgia infernale, popolata di politici pronti a dissertare di scienza e di scienziati pronti a  dissertare di politica. Tra  questi si è distinto Roberto Burioni, ormai assurto al ruolo di maestro indiscusso delle scienze nelle frequenti comparsate televisive. Non a caso l’altro Matteo, quello si Italia Viva, ha reclamato per lui (Burioni, s’intende) l’investitura a  commissario per l’emergenza, una sorta di riedizione del dictator romano che assumeva su di sé tutti i poteri in caso di guerra. Richieste di quarantene di massa e di provvedimenti da legge marziale, hanno alimentato il panico tra la popolazione e lo sconcerto nelle istituzioni sanitarie. In tutto questo “bailamme” sono spariti, muti nel gorgo, sia Salvini che Renzi il cui penultimatum al governo è passato miseramente in secondo piano.
Le statistiche epidemiologiche dicono, comunque, che la morbilità del Covid-19 è bassa, che la popolazione europea è  geneticamente molto refrattaria a questo tipo di coronavirus, che i morti, poche unità, sono malati o anziani con gravi patologie in una percentuale sotto l’1%, dei contagiati totali, in una popolazione che per la cosiddetta comune influenza, ha visto morire circa ventimila persone. Ecco allora un nuovo colpo di scena che potrebbe (il condizionale è d’obbligo!) rendere ridicoli sia il panico che il caos sociale ed economico provocato dal nuovo virus: l’equipe del laboratorio dell’Ospedale Sacco di Milano avrebbe isolato un nuovo ceppo del Covid-19 detto “italiano”. Ebbene, sembra (lo ribadiamo: “sembra”, perché per la certezza, bisogna attendere il responso delle analisi) che tale virus sia addirittura domestico e non abbia cioè alcunché da spartire con quello cinese proveniente dai pipistrelli. Solo un’ipotesi chiariamo. Che parla, per dirla tutta, di un virus “padano”, forse esistente negli animali allevati nelle terre ultra concimate con fanghi industriali del Nord. Questo spiegherebbe perché nelle altre regioni il virus latita, come già noto in letteratura (vedi Wu  et al. Cell Host & Microbe doi:10.2016 j.chom.2020.02.001,2020).

Insomma i contagi  sarebbero due: uno pandemico a diffusione lenta attraverso i viaggi degli infettati, e l’altro locale (o magari derivato da una mutazione del primo. Anche questo non può essere escluso). Quest’ultimo, poco più che un virus para-influenzale, di nessuna nocività mortale se non per la solita parte “a rischio” della popolazione. Su questo, in ogni caso, è sempre bene ribadirlo, si attendono conferme ufficiali.

La stessa OMS, intanto, ha ridimensionato il tiro e declassato il virus a poco più che un influenza. E batte in ritirata anche Burioni che si scusa. In altri stati europei il virus non lo si trovava perché, semplicemente, si riteneva inutile cercarlo! Ma non è finita: se (qualora provata) dovesse aggiungersi la specificità territoriale del Coronavirus italiano, il fatto renderebbe ancora più specifica la beffa nordista. Insomma, potremmo trovarci innanzi ad una delle più grandi cantonate che la politica italiana ha preso, nel solco di quella approssimazione che la caratterizza tutti i giorni. A quel punto potrebbero uscirne male anche le istituzioni sanitarie statali troppi asservite al conformismo, come il silenzio di migliaia di scienziati, ricercatori ed accademici.

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