Gli analisti e i più fini osservatori economici italiani si sono finalmente espressi: nel Belpaese siamo poveri, molto poveri, inguaiati, per fare il verso a Troisi in un suo famoso monologo. Ora vi sorprenderà sapere come tali attenti osservatori della realtà circostante siano arrivati a tale risultato. Non leggendo i rapporti Caritas che da anni parlano di nuove povertà in aumento, anche tra chi lavora. Non ascoltando il popolo che lamenta affitti insostenibili nei confronti delle buste paga. Nemmeno guardando quanto pagano i neoassunti. Non dagli studi che parlano di un potere d’acquisto al palo da trenta anni contro un caro inflattivo globale.
Nemmeno ascoltando la signora Maria, che va a fare tutti i giorni la spesa alla Gdo e lamenta che il caffè è aumentato del 100 percento quasi e che dove prima faceva la spesa per un mese con 200 euro ora ce ne vogliono il doppio. Nemmeno leggendo che tre famiglie su quattro sarebbero state a casa questa estate. No, tali analisti se ne sono accorti ora che andando a mare si sono resi conto che la gente non si può permettere gli ombrelloni. Probabilmente – mi dico – essendo tra quelli che l’ombrellone se lo permettono ancora. Sicuramente non tra quelli che hanno fatto le barricate per il diritto negato al mare in questi mesi.
Come è possibile, del resto, che taluni siano arrivati solo ora a constatare quell’ovvio che qualche ora tra la gente avrebbe sicuramente palesato in tutta la sua criticità? Io me lo sono spiegato con lo storytelling. Eh già. Perché se tu la storia la racconti in un dato modo, vedi che la realtà sembra molto più carina di quel che è davvero. Del resto lo insegna quel buon vecchio volpone di Silvio Berlusconi, cresciuto a pane e marketing, che a chi gli parlava di crisi economica, rispondeva che passeggiando vedeva comunque i ristoranti pieni quindi non capiva dove fosse il problema.
Da allora è un crescendo, con allievi a destra e sinistra che sovente hanno eguagliato il maestro. L’importante è che la narrazione sia funzionale a chi deve fare bella figura. Quindi cosa conta il salario minimo affossato nelle aule che contano, i dati sui working poor in aumento e tutto quello che ci siamo detti se puoi dire che secondo l’Istat l’occupazione è in aumento (senza dire quale occupazione?). Ma non parliamo solo dei palazzi che contano, eh. Basta una parola, un termine coniato appositamente, un punto di vista forzatamente diverso per scrivere una realtà totalmente diversa.
Come per le tre famiglie su quattro che restano a casa, non perché hanno le pezze al sedere ma perché fanno “staycation” e allora è tutto diverso. Non è miseria: è trend. Così, arrivano i primi scribacchini che – per descrivere l’improvviso disamore degli italiani per gli stabilimenti balneari tanto amati negli anni – parlano di “cambio di paradigma culturale”. Così la povertà diventa una scelta personale; e sfido, io, che qualcuno continui a non accorgersi che in Italia siamo già ben oltre la soglia del disastro.