Quella del grosso bastone (“big stick”) indica la politica estera adottata dal presidente degli Stati Uniti d’America Theodore Roosevelt nel primo decennio del XX secolo. Una espressione machiavellica che trae origine da un modo di dire dell’esponente repubblicano: “parla gentilmente e portati un grosso bastone; andrai lontano”. Certo quelli erano altri tempi. Furoreggiava, in politica estera, la cosiddetta prassi delle “cannoniere”, ovvero poter dispiegare un esercito ben armato e addestrato da mettere a sostegno delle avventure colonialiste delle grandi potenze mondiali in cerca di spazi e risorse naturali. Tuttavia, a ben guardare, le cose non sono poi tanto cambiate se Vladimir Putin si permette il lusso di invadere uno Stato sovrano come l’Ucraina per accaparrarsi, militarmente, vasti territori prima appartenenti alla Russia dei Soviet, poi persi dopo la sconfitta del comunismo. Senza un esercito agguerrito, peraltro senza eccessivi scrupoli e distinguo tra popolazione civile e soldati, lo zar non avrebbe potuto coltivare il disegno di ricostruire il vasto impero di un tempo. Parliamoci chiaro: la strategia del Cremlino è quella di riportare indietro le lancette dell’orologio della Storia restaurando il dominio sovietico sui territori andati perduti dopo la caduta del muro di Berlino e la disgregazione dell’URSS. Chi finge di non vedere questa prospettiva della politica aggressiva russa ha capito ben poco sulla reale portata della strategia putiniana. Questo comporta di conseguenza che la NATO, pur essendo un’alleanza difensiva, compia i suoi passi per arginare l’espansionismo moscovita ed i pretesti addotti nel vano tentativo di dare una cornice di legittimità alla “operazione speciale” in corso. In disparte i crimini di guerra commessi dagli uomini di Putin, gli stupri, le sevizie, le fosse comuni, c’è da ricordare che agli albori della Seconda Guerra Mondiale i russi non si fecero scrupoli di spartirsi la Polonia (con l’accessorio delle tre repubbliche baltiche) con i tedeschi!! Il patto Molotov – Ribbentrop, dal nome dei ministri degli Esteri che lo siglarono, sancì proprio quella spoliazione territoriale ai danni del governo di Varsavia, facendo sintesi delle mire espansive dei due sanguinari dittatori, Hitler e Stalin, che, in fondo, sostenevano le medesime ragioni geo politiche oggi sostenute da Putin. Come sia andata poi a finire lo abbiamo appreso dai libri di Storia, materia ormai quasi bandita dalle nostre scuole. Furono allora le Nazioni a regime liberal democratico a reagire (Francia e Regno Unito) e, con gli Stati Uniti, a denunciare la scellerata spartizione. Stalin, alla fine, si dovette accodare allorquando la follia del Führer portò questi ad invadere la stessa Russia. Per anni interi popoli ricadenti nell’area di influenza dei soviet furono soggiogati da regimi dittatoriali di matrice comunista e tra Est e Ovest fu innalzata una “cortina di ferro” come la definì Winston Churchill, che separava l’area liberale dalla tirannia marxista. Le cose non sono cambiate nella sostanza e se una terza guerra mondiale non è scoppiata lo si deve, paradossalmente, proprio alla forza distruttrice e persuasiva delle armi atomiche. Ai paesi minacciati da Putin non restava, quindi, che chiedere protezione e difesa sotto l’ombrello della NATO, la quale ha accettato tra i propri membri la Svezia e la Finlandia, le più esposte alle mire di Mosca. Ovviamente la propaganda filo sovietica, i reduci del comunismo, la calcolata pavidità di molti italiani e la partigianeria di taluni organi di stampa tenterà di rinnovare la tesi capovolta che sia la Russia ad essere vittima di un accerchiamento premeditato dalla malvagità statunitense e da suoi interessi egemonici. I fatti storici ed attuali sono chiari e come tali testardi innanzi alle evidenze ed ai ricorsi motivazionali del passato che accampano i russi. Nell’era della globalizzazione economica, della diffusione dei nuovi strumenti di comunicazione di massa (leggi social media), non si possono erigere altre “barriere” ma solo esercitare pressioni di natura economica e finanziaria, oltre che difendersi legittimante aderendo ad un patto militare difensivo. E’ quello che in questi giorni sta avvenendo in Europa e nel mondo occidentale. Purtroppo ne paga le spese il popolo curdo che combatte il regime autoritario filo islamico del turco Erdogan il quale, nel frattempo, guarda caso, ha fatto cadere il veto all’allargamento della Nato proprio in cambio delle “mani libera” nella repressione di quel popolo. Fuor di metafora: alcune volte non basta avere il randello più lungo per fermare le mire inadeguate ed espansive di un Paese. Occorre pagare anche un amaro prezzo politico, perché l’ottimo è nemico del bene. Una macchia, quella Curda, che non cancella quanto di buono ed opportuno è stato fatto finora. Continuare a parlare gentilmente è necessario ma serve anche un bastone poggiato sul tavolo delle trattative coi russi.