Il ‘Modello Gianni Morandi’

L'intervento di Enrico Parolisi, esperto di comunicazione digitale

Sfogliando il manuale “Social media e pubblica amministrazione” di Ministero per la Semplificazione e Formez, ho visto teorizzato il “modello Gianni Morandi”. Il cantante dalle grandi mani è citato in un volume di carattere istituzionale come best practice dell’uso dei social. Roberto D’Alessio (Roma Capitale) spiega come la “dottrina Morandi” è d’esempio per chi gestisce profili istituzionali. Ma in cosa consiste? Nell’abbassare i toni della conversazione con garbo e ironia.

Gianni Morandi è stato precursore: ha intuito subito le potenzialità dei social network in termini di ritorno di visibilità. Sono cult le sue foto di vita quotidiana con la didascalia “Foto di Anna”. Agli haters però non ha mai concesso reazioni scomposte. A chi gli augurava morte, Gianni indicava quali fiori preferiva sulla lapide. A chi scriveva “A me non piace Morandi”, rispondeva con “Neanche a me”. A chi “Cosa fai quando non raccogli il radicchio” sotto uno scatto nell’orto, rispondeva “Sbuccio piselli. Un abbraccio”.

Il metodo Morandi risale a 5 anni fa ma è già un lontano ricordo: ora va per la maggiore il metodo Burioni, nato quando lo studioso, ospite di Red Ronnie in “Virus”, non ha il tempo utile per rispondere al presentatore che bolla i vaccini come una follia. Come ogni buon italiano incazzato, Burioni si sfoga sui social. Da lì al diventare una stella del web il passo è breve: basta iniziare a rispondere a tono ai no-vax. Nel suo curriculum ora Burioni, oltre a titoli e traguardi scientifici, può vantare pubblicazioni da titoli come “Balle mortali” e alcuni “Macchianera Awards”, Oscar della Rete, al pari di Lercio, Martina Dell’Ombra e Distruggere.

Il metodo Burioni è l’antitesi del metodo Morandi: risposte piccate ai limiti dell’insulto, una nota di arroganza, presunzione legittimata dalla sua storia e dalle sue competenze. Cosa che sembra funzionare da un punto di vista di ritorno d’immagine, ma che un po’ nostalgia di Gianni la fa venire.

Come biasimare quindi Enrico Mentana che tra i due modelli decide di rifarsi al medico? Mentana, sulla scia del personaggio social pompato dalle sue leggendarie maratone, inizia a rispondere a tono a quelli che carinamente epiteta come “webeti” facendo incetta di follower. Mette questo enorme bacino di utenti a disposizione di Open, giornale online da lui ideato che sulle prime stenta a decollare. Sfrutta quindi il talento da opinion-leader rimbalzando sui suoi canali tutte le notizie pubblicate dal sito.

Troppo lavoro per una persona che si presume già così impegnata. I post diventano più corti. Qualche volta si ammicca alla facile polemica e al click. Prima o poi la sciocchezza la si fa (tu o chi per te). Così, come Burioni che straparla di “semplice influenza” da coronavirus entrando in polemica con Maria Rita Gismondo, ricercatrice del Sacco, Mentana la spara sui napoletani con un post infelice: “MA a Napoli ci sono ANCHE eccellenze”.

Possiamo essere d’accordo su una certa suscettibilità del partenopeo che facilmente si sente ferito nell’orgoglio (chissà come mai), ma l’uscita è obiettivamente infelice. Il Cotugno, Istituto virtuoso perché i casi di covid tra il personale sanitario sono pari a zero, è in contrapposizione con… non si sa cosa. Alla successiva ondata d’indignazione, Morandi avrebbe risolto con una battuta e una piccola correzione. Mentana (o chi per lui) invece si rende protagonista di un’uscita impietosa: “Ridicoli piagnoni che vi attaccate a un anche, imparate l’italiano. Amo Napoli più di voi evidentemente”.Superando anche Burioni che, alla fine, alla Gismondo un mezzo “scusa” l’ha dovuto dire.

di Enrico Parolisi, esperto di comunicazione digitale

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